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Qualche giorno fa mi sono imbattuto in una recensione davvero interessante. L’articolo trattava di un’opera che ha segnato profondamente l’evoluzione della Terapia Strategica e mi ha colpito per la sua profondità critica e per come analizzava sia i punti di forza che le criticità di un testo tanto fondamentale. Tuttavia, c’è stato un passaggio in particolare che mi ha spinto a scrivere questo post.

L’autore della recensione, ad un certo punto, critica la visione risolutiva che caratterizza l’approccio strategico, sottolineando come questa sia stata poi “radicalizzata” dai teorici della Terapia a Seduta Singola. Ecco, su questo punto credo vada fatta chiarezza.

C’è un esempio che Federico Piccirilli ed io proponiamo durante le nostre formazioni e che abbiamo ripetuto talmente tante volte da conoscerlo a memoria. Lo utilizziamo per chiarire un punto fondamentale: chi apprende la TSS non deve mai pensare che ogni problema possa essere risolto in un solo incontro. A volte accade, ma più spesso non è così. E in certi casi, oserei dire, è persino ontologicamente impossibile.

Pensate, per esempio, a una persona che viene con una forte paura di volare. Al termine della seduta, potrebbe dichiarare di sentirsi pronta a provare a salire su un aereo, più sicura di sé, persino ottimista. Ma il superamento effettivo della sua paura non potrà essere confermato finché non avrà effettivamente preso un aereo – e probabilmente finché non l’avrà fatto più volte.

Questo esempio lo dobbiamo proprio agli insegnamenti contenuti nei testi sulla TSS. Ricordo che nel libro Capturing the Moment (2014) viene chiarito con forza che questa modalità non è sempre sufficiente e non può garantire la risoluzione di ogni problema.

La TSS si fonda su un’osservazione – e non su una “teoria” – che molte persone, dopo un solo incontro, riportano di non sentire più il bisogno di ulteriori sedute. E non è una semplice percezione: misurazioni condotte negli ultimi decenni hanno rilevato miglioramenti significativi e, in alcuni casi, anche la completa risoluzione dei problemi. Ma questa non è una regola universale. Non possiamo ignorare che ogni percorso, ogni individuo, ogni situazione, è unica.

Tornando alla recensione che ha ispirato questa riflessione, ci tengo a ribadire che si tratta di un lavoro davvero eccellente. Così tanto che ho contattato l’autore, non solo per complimentarmi, ma anche per chiedergli di fare delle recensioni critiche di alcuni libri che ho scritto, anche sulla TSS. Il suo punto di vista in quella recensione mi ha stimolato e mi ha portato a riflettere: spero nello stesso effetto per i miei lavori.

Dunque, ecco perché ho voluto condividere questa riflessione: per chiarire un errore che spesso vedo emergere. La terapia non è mai una risposta univoca, né una formula magica. È un’arte e una scienza che richiedono osservazione, adattamento e, soprattutto, il rispetto della complessità di chi abbiamo di fronte.

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