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Qual è il miglior approccio di psicoterapia?

 

Questa domanda mi sembra così fallace che inizio a sentirmi in imbarazzo a parlarne.

Ma visto che il dibattito è tutt’altro che chiuso oggi aggiungo una riflessione.

 

Nasce da luoghi inaspettati, nello specifico da un passaggio del recente articolo di Riccardo Manzotti “Una nuova teoria dell’Io?”.

 

L’autore critica lucidamente e solidamente l’ultimo libro di Joseph LeDoux. Si parla di neuroscienze e coscienza, e nei commenti vi rimando a quella interessante lettura per saperne di più.

 

Ma c’è un passaggio che mi ha stimolato a scrivere questo post.

 

Manzotti riporta che, secondo un’ipotesi di LeDoux, “la mente nascerebbe dall’intreccio di quattro mondi (biologico, neurale, cognitivo e cosciente).”

 

E da qui parte l’argomentazione che deve interessare anche noi psicoterapeuti.

 

Così continua l’autore:

“Se si legge il libro con attenzione, ci si rende subito conto che si tratta di uno specchietto per le allodole o, come si dice oggi, un clickbait. Suddividere l’esistenza e il funzionamento della mente in quattro livelli è un’utile semplificazione descrittiva, ma non ha alcuna radice nella realtà: i livelli in questione sono il frutto della divisione delle comunità scientifiche – per esempio biologi e neurologi usano metodi diversi. Ma biologia e chimica non sono livelli di realtà, bensì prospettive diverse sullo stesso fenomeno. Non c’è una mela chimica e una mela biologica. C’è solo una mela, e questa è a volte studiata dai chimici, a volte dai biologi”.

 

Le psicoterapie e la ricerca del campo dovrebbero prendere spunto da questi ragionamenti in modo più consistente.

 

Quando osserviamo un sistema alla luce dei “tentativi di soluzione disfunzionali” (Terapia Strategica), o delle “eccezioni al problema” (Terapia Breve Centrata sulla Soluzione), o dei “contenuti inconsci” (terapie psicodinamiche), o dei “pensieri errati o disfunzionali” (terapie cognitive) e via dicendo, stiamo usando un modello di riferimento per dare significato alle osservazioni, a ciò che fa e riferisce il paziente, ad esempio.

 

Tali osservazioni, da sole, sono “dati senza un’organizzazione”, cioè caos. I modelli organizzano i dati in strutture correnti, dando ordine. Un ordine che serve a noi, ma che non esiste nei dati in sé.

 

Le differenze tra le psicoterapie riflettono differenze di prospettive.

Ecco perché “tutti hanno vinto e tutti meritano un premio”.

 

Ad oggi, la collaborazione con il paziente sembra la strada più indicata – o da prendere in considerazione, spesso prima di altre – per comprendere quale metodo o prospettiva seguire.

 

Non significa “Chiedi e ti sarà dato”. Come disse Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano mi avrebbero risposto: cavalli più veloci”.

 

Il processo per capire cosa è più utile per i clienti e per capire quando e come è più utile chiedere a loro non è facile (v. ad esempio il lavoro congiunto di Mick Cooper e John C. Norcross, PhD).

 

Ma la strada sembra decisamente tracciata.

 

Riferimenti

Manzotti, R. (2024). Una nuova teoria dell’Io? Consultato il 29.09.2024 su: https://www.iltascabile.com/scienze/una-nuova-teoria-della-coscienza

Norcross, J. C., & Cooper, M. (2021). Personalizing psychotherapy: Assessing and accommodating patient preferences. American Psychological Association. https://doi.org/10.1037/0000221-000

 

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