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Ma che stai facendo?

Scambi la realtà operativa per realtà ontologica?

Scambi “paranoico” e “fobico” – etichette conoscitive con fini pragmatici, strumenti nelle mani di un operatore, terapeuta, utili al conseguimento del suo scopo – per enti, cose, oggetti esistenti in assenza della tua teoria, della cosa che hai in testa?

 

Un fegato è sempre stato un fegato, oggi come diecimila anni fa.

Un fobico no.

 

Che stai facendo?

E soprattutto, a che ti serve?

 

Perché lo sai a che ti serve pensare di avere davanti un disturbo ossessivo (che poi: ce l’hai davanti? Lo vedi? Nemmeno a dire che vedi le azioni: senti solo descrizioni di qualcosa. Come puoi comportarti come un medico? Lui il fegato lo vede, lo sente, lo tasta, lo ausculta. E non parlare di neurobiologia a sproposito: è come scambiare il grafico del sismografo con il terremoto).

Ma sai a cosa ti serve dire: “Quel ragazzo laggiù è paranoico”?

 

Alla conferenza:

“Ciao, sono Ernest, un diabetico.”

“Ma perché me lo dici? A che mi serve? Non hai appena scritto un libro? Parlami di questo, piuttosto.”

 

Sul set fotografico:

“Ciao, sono Isabelle, un’anoressica.”

“Ok, ma non siamo mica a cena. E poi perché dovresti dirmelo con queste parole? Andrebbe bene anche ‘Ho forti difficoltà col cibo e rispetto a come mi vedo: non sto a raccontarti tutto, ma faccio una fatica enorme.’ Potrei dirti: ‘Wow, sei un sacco secca! Si vede che non stai bene.’ Ma non sta bene. ‘Secca’ ha in sé un giudizio morale (non so bene nelle orecchie di chi), mentre ‘anoressica’ ha un giudizio sanitario. Se sei ‘secca’ sei deplorevole, se sei ‘anoressica’ sei malata.”

“Quindi?”

“Quindi mi sa che in realtà a me non interessa né l’una né l’altra cosa. Siamo su un set fotografico, no?”

 

Ma questa è la loro vita. Noi stavamo parlando di te, psicologo, che porti le etichette fuori dallo studio. E non si sa bene che ci fai.

Ma anche di te, psicologo, che dimentichi la funzione delle etichette dentro lo studio. Il loro valore strumentale. Metafore dalla funzione operativa. Concetti per operare.

 

Lasciamo il bisturi al chirurgo e i concetti a noi psicologi. Ma in entrambi i casi, non agitiamoli inutilmente in aria, e cambiamoli quando non vanno più bene.

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