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In una recente ricerca, in cui Mick Cooper e colleghi chiedono ai clienti in terapia come hanno sperimentato la richiesta di quali fossero le loro preferenze, una delle grandi cose scoperte è che ciò interessava molto lo sviluppo della relazione, forse anche più che l’adattamento alle preferenze dei clienti di per sé.

Cioè, quando ai clienti veniva chiesto cosa volessero dalla terapia si sentivano più fiduciosi del terapeuta e più ascoltati, indipendentemente dal fatto che sapessero o meno cosa volevano in quel momento specifico.

Cooper commenta:

“Per me c’è un’enorme differenza tra qualcuno che mi dice: ‘Stiamo facendo questo…’ e qualcuno che dice: ‘Perché non proviamo questo? Ma fammi sapere se vuoi fare qualcosa di diverso’. Con quest’ultimo, sembra che ci sia molto più spazio, libertà, rispetto. In realtà non mi dispiace che mi venga detto cosa fare la maggior parte delle volte – e a volte lo voglio davvero – ma c’è un sacco di differenza, secondo me, a seconda che io senta o meno di poter dire la mia se lo desidero. Perché se posso dare un input, non sto davvero cedendo il controllo. Ho ancora voce in capitolo su quello che sta succedendo. Sembra che qualcuno si stia temporaneamente prendendo cura di me, senza togliermi i diritti e la capacità di autodeterminarmi. Una cosa che ho davvero imparato nel lavorare con le preferenze del cliente è che non si tratta solo di quei momenti lì per lì, ma di ciò che si prepara per la terapia in generale. Si tratta di creare un’atmosfera, una cultura, una relazione fatta di collaborazione e partnership. Quindi, se chiedi a un cliente cosa vuole, con delicatezza, e lui dice che non lo sa, non scoraggiarti: può succedere spesso, ma non significa necessariamente che fosse la domanda sbagliata da fare. Forse il cliente non era in grado rispondere in quel momento.”

I clienti potrebbero aver bisogno di un po’ di tempo per esprimere le loro preferenze e potrebbero aver bisogno di provare alcune cose per scoprire cosa funziona per loro. Infatti, nella loro ricerca qualitativa, Cooper e colleghi hanno scoperto che molte preferenze dei clienti emergevano da ciò che accadeva nelle sessioni stesse.

Ai clienti, ad esempio, potrebbe venir chiesto: “Immagina che avvenga un miracolo durante la notte, mentre stai dormendo, e il tuo problema viene risolto. Quali sono le differenze che noterai da domani?” E solo allora potrebbero pensare: “Wow, è stato davvero utile, mi piacerebbe farlo di nuovo”.

Quindi avere dei momenti regolari in cui chiedere ai clienti le loro preferenze e quelle nuove che potrebbero via via essere emerse può essere davvero una buona pratica per permettere che vengano incorporate nel lavoro terapeutico.

 

Riferimenti bibliografici

Cooper, M. (2023). Preference Work: Notes from the Other Side. Sito: https://pluralisticpractice.com/main-blog/personal/preference-work-notes-from-the-other-side/

Cooper, M. et al. (2022). Patient perspectives on working with preferences in psychotherapy: A consensual qualitative research study. Psychotherapy Research, DOI: https://doi.org/10.1080/10503307.2022.2161967

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