“Flavio ma se facciamo TSS non rimaniamo velocemente senza pazienti?!” Questa è la legittimissima domanda che viene posta ad ogni workshop in TSS (by the way, ricorda che ne teniamo sempre uno a fine gennaio e uno a inizio autunno). Legittimissima, perché è ovvio che vogliamo tutti aiutare i nostri clienti il più velocemente possibile, ma dovremmo anche capire in che altri modi gestire le nostre entrate. Ebbene, la risposta è… no, non rimani velocemente senza pazienti. Una serie di ricerche parla di un fenomeno singolare conosciuto come unexpressed helpseek, richiesta di aiuto non espressa. In pratica, un’enorme quantità di persone che beneficerebbe del consulto con un professionista della salute mentale non va… da un professionista della salute mentale! Questo dato è transculturale, si trova in tutte le nazioni e va dal 60 al 90%. Riformulo: da 6 a 9 persone su 10 non vanno da un professionista della salute mentale o non ci vanno nel momento del bisogno pur avendo tutti i “requisiti” per poterne beneficiare, ad esempio pur avendo una patologia. Per fare questo video sono andato velocemente a cercare se ci fossero dati aggiornati, poiché l’ultima volta che studiai il fenomeno fu per scrivere questo il libro di TSS del 2018, in particolare il capitolo due ovvero i dati della TSS: ebbene, un resoconto del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, capitanato dal MUR, ci dice che nel 2022 su un campione 3446 studenti universitari oltre il 63% rientra nella categoria di unexpressed help-seek. E una dichiarazione del 2012 ad opera del past-presidente della Società Italiana di Psichiatria riportava che in termini generali, in Italia, questo dato sale al 90%. Ma perché? E perché la TSS può essere una rapida risposta a questo e qualcosa che ti permette di no, non diminuire il numero di sedute fatte? Beh, tra i motivi principali ci sono quelli legati a fattori storici-culturali: ora ne vediamo 3 e capiamo perché la TSS può essere una risposta adeguata. 1° Motivo: “La psicoterapia dura troppo”: molte persone hanno paura che la terapia duri troppo tempo e hanno paura ad impegnarsi in questo percorso. In realtà oggi grazie alle TB sappiamo che una terapia può durare meno di 10 sedute, spesso, anzi molto spesso dura meno di dieci sedute però questa credenza che duri tanto è dura a morire. Ecco, quindi, che la TSS, il dire che una seduta potrebbe aiutare quella persona anche in un solo incontro, aiuta molte persone a fare una prova a vedere se potrebbe risolvere o meglio migliorare il problema anche in un solo incontro. 2° Motivo: “La psicoterapia costa troppo”. Se penso che una terapia duri troppo va da sé che mi chiederò quanto costi. Molte persone faticano anche a permettersi dieci incontri da 80€ l’uno. Ma se spieghiamo che un incontro potrebbe essere sufficiente potrebbe valere la pena provare. 3° Motivo: “Il mio problema non è ‘cosa da psicoterapia’”. Molti pensano ancora che la psicoterapia sia “roba da pazzi”, o comunque “per chi c’ha i problemi veri”. La verità è che noi sappiamo che è adeguata a diverse forme di problematiche, anche quelle meno gravi o invalidanti: proporre una TSS facilita l’avvicinamento di chi ha problematiche meno invalidanti ma beneficerebbero di un aiuto dello psicologo. Ovviamente la TSS non può aiutare sempre e tutti in una seduta e non è questa la comunicazione da fare! La comunicazione da fare è che si può tentare di fare un unico incontro, perché c’è buona possibilità 40-60% che sia sufficiente. Inoltre, come dico in altri video, la TSS aiuta in generale a migliorare l’efficienza della terapia e quindi a ridurre la durata media delle terapie. Questo è il motivo stesso per cui non si riduce il numero di sedute: perché, proponendola e promuovendola, si aumenta il bacino di clienti raggiunti. Si riducono, cioè, le paure e le credenze principali connesse all’unexpressed help-seek, permettendo sempre a più persone di avvicinarsi a un servizio di cura della donna e dell’uomo che è fondamentale ma che è ancora caratterizzato da troppi stigmi.
Flavio Cannistrà
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