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Ci sta: a volte non sai proprio cosa fare. Non è strano, anzi. Certo, non dev’essere la regola, ma… ci sta. A volte arriva quella persona che sembra tipo un Sudoku killer: tu ci provi, ma proprio non sai dove mettere le mani. Oppure, va da sé, ti trovi di fronte a una schiera di “Non lo so” – tanto che io ci ho fatto due video, solo per dare un’idea di come rispondere ai “Non lo so”. O, ancora, in quel momento ti si spegne il cervello: sei lì, ascolti quello che c’è da ascoltare, ma… niente, encefalogramma piatto.  Quali che siano le ragioni, a volte ti sembra di arrivare a un vicolo cieco o, peggio ancora, di essere incastrato in un loop col tuo paziente. E a quel punto, che fai? Puoi usare due tecniche, semplici semplici, declinabili in decine di modi diversi. La prima, forse la più semplice, non è nient’altro che una derivazione della Miracle Questione. Puoi chiedere al tuo cliente: “Se domani tutti i tuoi problemi sparissero, cosa faresti di differente?” Come detto la puoi declinare in decine di forme diverse, ad esempio: “Se tra un mese ci vedessimo e tu mi dicessi che le cose vanno meglio, e io ti chiedessi come mai, tu cosa mi risponderesti?” Oppure: “Se tra qualche tempo incontrassi tua moglie, e lei mi dicesse che stai bene, e io le chiedessi da cosa se ne accorge, lei cosa mi direbbe?” Domande come queste servono a orientare la persona verso uno scenario futuro, libero dal problema.  Questo permette di esplorare delle alternative, delle cose da fare o anche solo degli obiettivi e dei desideri.  Una volta fatto ciò, ci si può dare come obiettivo quello di cercare di raggiungerli, di costruire un andamento, una strada un percorso per arrivare a raggiungerli. Ma non necessariamente. Infatti spesso basta dialogare in seduta su questi scenari e poi chiudere chiedendo di pensarci fino alla prossima seduta per poi riprendere il discorso: come notarono Steva de Shazer, e gli altri ella Terapia Breve centrata sulla soluzione, è molto comune che alla seduta successiva la persona torni con qualche cambiamento.  E se questa serie di domande orientate al futuro desiderato non dovessero essere sufficienti?  Beh, puoi fare.. esattamente l’opposto. Puoi, cioè, proporre delle domande che fanno eco alla tecnica del Come Peggiorare. Chiedi al tuo paziente: “Che cosa dovresti fare per peggiorare la situazione attuale?” o qualcosa di simile. Ad esempio, di fronte a un cliente disperato, che non sa quali strade prendere, potresti chiedere: “Quale strada sarebbe sicuramente peggiore, la scelta peggiore che tu potresti fare, la strada peggiore che non dovresti prendere?  Oppure potresti chiedere: “Se volessi stare peggio di così, o se volessi darti un cattivo consiglio, quale dovrebbe essere?” O anche semplicemente: “Se volessi continuare a stare così (dove “così” ovviamente non è qualcosa di desiderabile), cosa dovresti continuare a fare?”  Tutte queste domande, te ne sarai accorto, producono risposte di comportamenti indesiderabili. In questo caso da un lato potrete, in base alle risposte, individuare cosa non va fatto e, per contrasto, decidere cosa invece sarebbe opportuno fare.  Dall’altro lato, come sopra, potresti chiedere alla persona di rifletterci nei giorni a venire: anche in questo caso ciò che spesso capita è che, alla seduta successiva, la cliente si ripresenti con dei piccoli progressi. L’impasse va calcolato, fa parte del processo, ma saperne uscire fuori è nostro compito. Se hai voglia di approfondire le due tecniche puoi trovare altri video che ho dedicato alla Miracle Question e al Come Peggiorare, e puoi attivare le notifiche per rimanere aggiornato. Valuta tu: cosa potrebbe accadere se lo fai, o se non lo fai?

Flavio Cannistrà

 

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