Davanti a Superman ti devi stare solo zitto. Superman è superforte: gli punti un fucile e te lo piega a metà. Superman è superveloce: non è stato ancora stabilito se Flash possa batterlo o meno. Jacobs non si sbilancia. Superman va pure contro qualunque legge della fisica: volando velocissimamente in senso opposto a quello di rotazione della Terra la fa rallentare, girare al contrario e… andare indietro nel tempo. Insomma, che gli vuoi dire, tu a Superman?/ Tu hai una laurea in psicologia – se sei stato bravo di cinque anni – e forse 4 anni di specializzazione in psicoterapia e qualche corsetto ECM. Ce li hai i crediti ECM per andare indietro nel tempo? Io non credo. Quindi è normale che quando leggi tutte le fantastiche avventure di Superman ti senti come Yamcha, sempre lui, di fronte ai suoi amici Saiyan. Persino Crilin è più forte di Yamcha, e Crilin non c’ha manco il naso!A questo punto ti rimangono poche scelte. Una è la negazione. Di fronte all’evidente evidenza che Superman ti svacca il mulo, puoi dire che, in fondo, anche tu sei Superman. D’altronde questa è l’epoca del narcisismo, no? Il fatto che la scienza abbia dimostrato che non c’è un aumento di diagnosi di narcisismo non impedisce a tutti di dire il contrario. Quindi perché tu non puoi raccontarti di essere più forte di Superman e più veloce di Flash?! La seconda scelta è ancora meglio, perché va a braccetto con la prima: puoi dare la colpa al cliente. Tu sei forte, è il tuo cliente ad essere debole. Sei The Amazing Spider-Man prima dei numeri 121-122: niente di drammatico e sconvolgente può esserti imputato, perché tu hai tutte le competenze al punto giusto per svoltare la situazione. E se il Goblin muore, non è colpa tua: un po’ se l’è cercata da solo. Ma è la terza scelta che ti farà rimorchiare. E’ la scelta oscura, quella da bel tenebroso. Perché la verità, la sai, tu non hai superpoteri: sei solo un comune essere umano. Sei un po’ Batman, un po’ Dylan Dog: umano, tormentato, un po’ sfigato… Sì, non hai aiutato il cliente… d’altronde sei solo un uomo. O una donna. O un binario. Chi sei tu per definirti? “Shit happens” c’è scritto sul tuo bigliettino da visita. E “All the shits happen to me” pensi sempre. E quando qualche collega fa un’osservazione, che sia “In effetti era un paziente difficile” o “Forse potevi fare qualcosa di diverso”, la tua risposta pronta è sempre quella: ……. Superman, Spider-Man, Batman… e poi c’è Zeno. Zeno, Zeno Cosini… se lo cerchi nei fumetti non lo trovi. Zeno, che va in psicoanalisi per capire che, alla fine, non era davvero malato. Che ci dice che la vita è inquinata alle radici, ma non con intenzioni nichiliste ma liberatorie. Ci dice che il sano è colui che possiede certezze immutabili, e che allora, forse, sarebbe meglio guarire dalla salute. Ci dice che la sua “malattia” è l’inettitudine, cioè il non essere adatto, ma che il non essere adatto è alla base dell’adattamento. Piangi, urla, strilla, rammaricati ma poi… tirati su. D’altronde, anche Stan Lee ci ha tenuto a dircelo: non puoi essere davvero un super-eroe, se non ti trovi ad affrontare dei super-problemi. Non importa quante volte cadi, ma solo cosa farai per rialzarti. In fondo, inciampa solo chi cammina.
Flavio Cannistrà
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