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Giordano viene da me per un problema di coppia. Sta da anni con Marsha, ma qualcosa proprio non va: troppo spesso viene preso da degli scatti d’ira con esplosioni di violenza: spacca i piatti, sfascia i mobili, urla fino a far chiamare la polizia dai vicini… Qualche volta è stato anche lì lì per colpire Marsha, ma non l’ha mai fatto. E’ preoccupato, e vuole capire cosa c’è che non va in lui. Indago il rapporto con Marsha ma non emerge nulla di problematico nelle interazioni con lei. ci sono i normali conflitti, contrasti, ma nulla di esagerato. c’è solo un elemento che mi salta agli occhi, ma decido di tenerlo per dopo. Così cominciamo un lavoro sulla rabbia, il sintomo più evidente e problematico:  facendo scrivere  tutti i giorni delle lettere di rabbia sulle sue emozioni rabbiose vediamo che piano piano questa emozione comincia a discendere neanche troppo piano piano. Lui non ha niente contro di Marsha, ma si sente come una pentola che ribolle: da un lato trattiene la sua rabbia, e noi sappiamo che la ritenzione è la tipica tentata soluzione disfunzionale di questa emozione…ma dall’altro avverte anche una particolare sensibilità, come se nelle sue vene scorresse una sostanza altamente infiammabile, pronta ad accendersi velocemente. Le lettere funzionano a meraviglia: inizialmente dirette “contro” Marsha, con lo scopo di esprimere ed elaborare i propri sentimenti, cambiano velocemente direzione:  il padre assente, la madre giudicante, il fratello distaccato… Giordano trasforma le lettere di rabbia in un diario di angosce e di autocomprensione, in cui specchiarsi e comprendere il proprio funzionamento. Già tra la quarta e la quinta seduta la rabbia è ormai spenta, ma giace sul fondo come brace calda. Ci prendiamo una pausa e dopo qualche mese Giordano torna: è tempo di rimettere in discussione il suo rapporto con Marsha, con la famiglia, con tutti.  Capisce quella cosa che io avevo notato nelle prime sedute, cioè che il suo rapporto con Marsha e con gli altri  era basato sulla dipendenza, sul bisogno, non sull’amore e la condivisione. Lasciarla è doloroso ma non difficile: le vere sfide saranno altre due. Da un lato la necessità di fronteggiare e vincere quel senso di vuoto che lo divora dall’interno come un parassita e che lo porta a ricercare Marsha e a riprendere brevi, intense, furiose relazioni con lei. Dall’altro, appreso mano a mano a distaccarsi da lei, c’è la necessità di non instaurare con altre persone nuove relazioni simili. Le lettere saranno la nostra tecnica principale, un momento di autoriflessione che aiuta Giordano a capirsi meglio e insieme a queste la tecnica del come peggiorare che aiuta giordano a ricordarsi le cose che dovrebbe fare se volesse andare nella direzione opposta a quella desiderata. Col passare dei mesi, in cui ci vediamo una volta ogni 5 o 6 sedute, il suo sistema relazione e interazionale cambia:  a lavoro diventa più capace di non farsi mettere i piedi in testa, di non mettere se stesso dietro agli altri, i propri bisogni dietro le interazioni degli altri, si sente più rispettato; gli inevitabili screzi relazionali con alcuni colleghi non vengono più vissuti con profonda angoscia e frustrazione:  a testa alta, Giordano riesce a fronteggiare, senza esplodere, i conflitti e i contrasti.  La famiglia, oggi amata e domani odiata, viene vista con un più equilibrato distacco: il padre, la madre, il fratello… Giordano le considera come persone importanti, ma su un piano diverso rispetto al suo. “Si cambia” dice “e così sono cambiato io”.  E in effetti, Giordano è un’altra persona. Equilibrata, in sintonia con se stesso, in pace con il mondo. Faremo un’altra pausa e poi un’altra breve serie di incontri:  di fronte a una nuova delusione amorosa e alla conseguente rabbia, Giordano si domanda se ne uscirà mai, se non ci sia qualcosa di marcio in lui, così profondamente radicato che non potrà mai cambiare.  Comprendiamo insieme che arrabbiarsi, essere delusi, specialmente di fronte a certi comportamenti, è in fondo normale. Ripercorriamo ciò che ha fatto e lui stesso si rende conto di essere cresciuto, di essere la versione migliore di se stesso. Ci salutiamo. Non un “Addio” ma un “Ci si vede… se necessario”. Lui sa, che in caso di bisogno la mia porta rimarrà per sempre aperta. 

 

                                       Flavio Cannistrà

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