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“Non mi piacciono le mie gambe”. Questa è una delle frasi più ricorrenti che sento dalle giovani adolescenti mie clienti e in realtà da un mucchio di ragazze. Paolina ha 18 anni e da 4 ha iniziato una lotta contro il proprio corpo, come mi dice lei. “Quando mi guardo allo specchio mi dico che faccio schifo” mi racconta. E mi racconta di come eviti di mangiare, senza che i genitori lo vengano a scoprire, “troppo presi dai loro lavori” dice. “Perché eviti di mangiare?” le chiedo. “Perché non mi piace il mio corpo” risponde.  “E cosa vorresti cambiare nel tuo corpo” le chiedo? “Le gambe” mi dice. “Ma allora” riprendo “non ti fai schifo. Forse, al massimo, ti fanno schifo le gambe”. E Paolina mi guarda in silenzio, attonita. Indago un pochino come funziona il problema e scopro che oltre a non mangiare quasi per niente non fa altro : niente esercizi – non avrebbe tempo, visto lo studio richiesto dall’università – niente vomito, non fa purghe.  “Posso aiutarti e potrei non coinvolgere i tuoi genitori, che credono che tu sia qui per l’ansia. Ma solo se mi segui”.  “Non puoi obbligarmi a mangiare” mi dice. “Non voglio farlo. E poi ci penserebbero i servizi sociali, se tu arrivassi a lasciarti morire di fame”. Paolina sa di cosa parlo: tempo prima era svenuta in aula e in infermeria le avevano detto che erano preoccupate per la sua estrema magrezza e che forse dovevano avvisare qualcuno. “No, i miei non devono sapere niente” mi dice. Le chiedo allora cosa le piace fare oltre a studiare, per indagare e stimolare  i suoi piaceri.  “Uscire con le amiche” mi dice. “Ma ormai è cosa rara, perché significa che finiremmo da qualche parte a mangiare.”  “E se ti sentissi libera di farlo, dove vorresti andare a mangiare?” le chiedo. Lei sorride: “Al Mac”. Passiamo in rassegna tutti i cibi che le piacciono di più, le cose che ogni tanto si concede – con gran senso di colpa – e le do un primo compito: farmi una lista dei cibi ideali, che le piacerebbe avere nel suo menù. La volta dopo torna scura in volto. Quando le chiedo cos’è successo mi risponde che è uscita con delle amiche e… ha mangiato. “Ma così non va bene” aggiunge. “Se andasse bene da cosa te ne accorgeresti?” le chiedo. 

“Dal fatto che mi guarderei allo specchio e mi direi: “Paolina, non fai schifo, hai preso solo un chilo…”. Ma non finisce qui: indagando le due settimane precedenti, scopro che ha iniziato a introdurre qualche cibo piacevole nella sua dieta, così indago un po’ i suoi menù e mi complimento con lei, anche se le dico che la strada da fare è molto lunga ancora. “Sai, devi piacerti” le dico “Ma per piacerti devi  guardarti, capire com’è il tuo corpo, come funziona, com’è come ti piacerebbe vederlo, solo così puoi capire come desidereresti essere e agire in tal senso”. Paolina mi guarda: “Intendi con la chirurgia estetica?”  Io le sorrido: “Hai 18 anni. Il corpo è dalla tua parte. Puoi scoprire che ti basta fare un po’ di attività per  modellarlo come preferisci.” Discutiamo di possibili attività fisiche, andando a sottolineare il fatto che potranno esserle utili anche nello studio: “Il cervello, in questo caso, funziona come un muscolo” le dico. “Se non lo fai mai riposare, diventerà sempre meno efficiente”. Passiamo le sedute successive a contemplare il suo graduale ripristino di un menù adeguato, basato su i suoi cibi preferiti: non parliamo quasi mai del peso, ma Paolina mi racconta della leggerezza che hanno assunto le sue giornate, una leggerezza interiore. Inizia a indossare abiti diversi, non più quelle felpe larghe che la coprivano, inizia a uscire ancora di più con le amiche con il rischio di andare al Mac e alla fine finalmente organizza proprio un pranzo li per  festeggiare il superamento di un esame. L’ansia, che in effetti era presente, scompare senza averci lavorato direttamente. Dopo alcuni incontri, e con un peso visibilmente e piacevolmente diverso, Paolina mi fa una nuova richiesta:  “Adesso” mi dice “vorrei parlarti di una nuova cosa”. “Cosa?” le chiedo. “Ragazzi.” Non ha bisogno di dire altro. Apriamo un nuovo capitolo del nostro lavoro…

 

Flavio Cannistrà

 

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