La prima seduta con una persona che ha un problema di anoressia è fondamentale. Ma prima… una premessa. Perché non dico “persone anoressiche” o anoressiche o anche spesso non dico nemmeno “anoressia”. Perché entrambe le definizioni conducono a pesanti fraintendimenti. “Non sei anoressica, hai l’anoressia nervosa” recita la quarta di copertina del libro Il coraggio di avere fame, di Rosa Iatomassi. E io sono d’accordo… al 50%. Parlare di “anoressica”, oltre all’evidente stereotipia di genere, identifica la persona con il disturbo: è una cosa orribile! Dovremmo smetterla con queste etichette diagnostiche alla “Tizio è un narcisista”, “Caio è un borderline”, “Sempronio è un anoressico”. La persona è la persona, il problema è il problema. Ma anche dire “Hai l’anoressia nervosa” è confusivo: conduce all’idea che la persona sia portatrice di un qualcosa di materiale, di reale, di fisico.
Si parla di “reificazione”, la tendenza a rendere materiale. a pensare che sia materiale, e una cosa astratta. Puoi avere il Covid-19, nel senso che hai dentro di te il coronavirus e benché sia già diverso …e puoi avere il diabete, nel senso che hai una condizione organica e metabolica oggettivamente rilevabile. Ma non puoi avere allo stesso modo di questi due esempi l’anoressia nervosa: perchè con “anoressia nervosa” identifichiamo una serie di comportamenti, e al massimo le conseguenze di quei comportamenti e tu i comportamenti non li puoi avere, li puoi solo fare. Si, poi so che linguisticamente potremmo anche dire di avere certi comportamenti e non avere certi comportamenti, ma in realtà, a parte che dovremmo capire in quale contesto usare questo tipo di verbo , in realtà stiamo sempre parlando di ciò che la persona fa , non hai un comportamento, lo fai.
Ovviamente non diciamo “fai l’anoressica”, perché potrebbe avere una connotazione giudicante: dovremmo dire “Fai l’anoressia”, ma questa cosa sintatticamente non funziona bene… Insomma, un casino, e voglio andare dritto al sodo ora, però mi premeva questa questione linguistica, dato che sappiamo che le parole creano la realtà. Quindi, che si fa in prima seduta con un problema di anoressia? Innanzitutto, ci ricordano Nardone e Valteroni,che bisogna iniziare con l’indagine accurata di come funziona il problema: una persona che mette in atto i comportamenti anoressici lo fa con diverse modalità, che predispongono a diversi modi di intervenire. Ad esempio, può mettere in atto comportamenti di iperesercizio, binge eating, vomiting o purghe; fino a situazioni in cui sono presenti autolesionismo, uso di droghe o un complesso di percezioni e comportamenti rigidi che spesso vengono definiti come disturbi di personalità o tratti di personalità borderline; anche in adolescenza oggi si tende sempre di più a parlare di disturbi di personalità . Mentre si indagano queste modalità, è utile ripetere ciò che la persona ci dice: infatti ripetere e riassumere è qualcosa che aiuta a creare alleanza, non vado a fondo nel spiegare il perchè l’ho accennato in altri video , però fa parte della comunicazione suggestiva. Una prima tecnica, a questo punto, ristrutturazione della responsabilità dei genitori: si tratta proprio di accordarsi coi genitori, dopo aver fatto questa indagine, di fare un ricovero forzato della figlia a fronte di un ulteriore ed eventuale perdita di peso. Può sembrare estremo, ma la posta in gioco è la vita della ragazza. Però paradossalmente servirà soprattutto a creare collaborazione con lei: le si dirà, infatti, che il compito del terapeuta sarà proprio quello di cercare di evitare di fare quella fine, ma al contempo di farle prendere peso in modo graduale e tollerabile per lei. A questo punto ci si rivolge a lei, cambiando del tutto registro: con un dialogo suggestivo si indaga le cose che le piacciono di più, ciò che le piacerebbe mangiare, andando a risvegliare il piacere sopito. “Tale tecnica”, dicono gli autori, “serve a risvegliare e far emergere il senso del piacere negato del mangiare”. Sarà una parte lunga e fondamentale, a cui seguirà una negoziazione: si definirà in modo dettagliato tutto ciò che dovrà mangiare durante la settimana, pasto per pasto. Alla fine di questo menù suggestivo, si stabilirà che i genitori dovranno restare con lei finché non ha finito: tuttavia non dovranno in alcun modo forzarla, in nessun modo si dovrà parlare di cibo, resteranno la fino a che non ha finito e per un’ulteriore ora dopo, per evitare i comportamenti eventuali di vomiting, over exercising, purghe, etc. La prima seduta si conclude così. Semplice no? Insomma… Tecnicamente è semplice, ma la difficoltà sarà proprio in tutto l’aspetto suggestivo ed è una caratteristica che insegniamo nella nostra Scuola su cui stiamo molto. nella cattura e nell’uso di immagini suggestive, tanto che è un passo fondamentale che insegniamo nella nostra Scuola. Nelle prossime settimane vedremo cosa fare nelle sedute successive, ma intanto puoi allenare con il linguaggio suggestivo, tanto ti torna utile per qualunque tipo di problematica non solo per questa e se vuoi puoi andare a vederti il mio ultimo video: Come migliorare la comunicazione suggestiva.
Flavio Cannistrà
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