Senza una buona relazione di lavoro, non otterrai un bel niente dal tuo assistito. Ma come la miglioro questa benedetta relazione? Uno dei modi è quello di concentrarsi su una sua componente particolare: l’alleanza terapeutica. Che cos’è? Secondo l’APA si tratta di: “Un rapporto di lavoro cooperativo tra cliente e terapeuta, considerato da molti un aspetto essenziale di una terapia di successo. L’alleanza terapeutica è composta da legami, obiettivi e compiti. I legami sono costituiti dalle condizioni fondamentali della terapia, dall’atteggiamento del cliente nei confronti del terapeuta e dallo stile relazionale del terapeuta con il cliente; gli obiettivi sono gli scopi della terapia reciprocamente negoziati, compresi, concordati e regolarmente rivisti; e i compiti sono le attività svolte sia dal cliente che dal terapeuta.” è tipo l’ottava volta che cerco di dire questa frase, perdonatemi la leggo perchè mi impiccio sempre sul titolo dell’articolo quindi ora sto leggendo quello che dovrei andare dire senza leggerlo … neanche trovo la riga dove leggero quindi immaginatevi in che situazione sono Questa definizione si rifà in larga parte a quegli elementi identificati da Bordin nel 1979, nell’articolo THE GENERALIZABILITY OF THE PSYCHOANALYTIC CONCEPT OF THE WORKING ALLIANCE, grazie. Che diceva Bordin? Sostanzialmente che l’alleanza terapeutica è una delle chiavi, se non la chiave, del processo di cambiamento. E lui stesso diceva che, sebbene si sarebbe focalizzato sulla psicoterapia, questo probabilmente era vero per qualunque professione. e sono d’accordo, l’alleanza terapeutica è qualcosa che troviamo in tutte le professioni, forse con pesi diversi, ma in tutte è fondamentale. D’altronde se non ha i u certo grado di fiducia con il professionista, molto probabilmente con quel professionista non andrai troppo in la. A questo punto Bordin sostenne 4 tesi: 1) che tutte le psicoterapie contengono questo tipo di relazione e che possono differenziare sul tipo di lavoro che fanno con essa; 2) che l’efficacia della terapia è determinata da essa; 3) che differenti terapie prevedono differenti richieste a clienti e terapeuti; e che, 4), la forza dell’alleanza dipende da un mix tra queste richieste e le caratteristiche di cliente e terapeuta. Ok, ma a noi come torna utile? Torna utile perché Bordin finisce per definire le 3 caratteristiche dell’alleanza su cui devi lavorare: un accordo sugli obiettivi della terapia; l’assegnazione di compiti o più in generale gli interventi da fare durante e/o fuori la terapia; e lo sviluppo di un legame. Però si può fare di meglio. C’è infatti un altro importante lavoro da considerare: The concept of the alliance and its role in psychotherapy di Gaston, del 1990, ed è molto più facile da pronunciare. Se mettiamo insieme Bordin e Gaston abbiamo… Boston. O Gasdin, che sembra il nome di un farmaco per il meteorismo. No, abbiamo quattro componenti proposte da Duncan e Miller nei primi anni del nuovo millennio. Secondo questa visione l’alleanza terapeutica è composta dall’accordo tra terapeuta e paziente su: A) un accordo sugli obiettivi della terapia, B) un accordo sui metodi e i significati che emergono ; e C) un accordo su quale deve essere e come deve essere il ruolo del terapeuta e D) un generale accordarsi alle preferenze del cliente. Questi sono i 4 pilastri dell’alleanza terapeutica. E forse non sai che in terapia il 97% delle differenze tra il migliore degli psicoterapeuti e il peggiore è in generale spiegabile proprio per la differente capacità di promuovere l’alleanza terapeutica e saperla curare.
Che significa che se il tuo assistito non ti segue, molto probabilmente c’è qualcosa che non va nella vostra relazione. Una volta parlai con una ragazza e condussi una seduta che, vi giuro, ero convinto andasse benissimo: facevo le domande, e lei rispondeva, ci trovavamo, evviva. e durante la seduta le chiedevo se avesse senso quello che stavamo facendo, ricevendo sempre risposte affermative. Quando alla fine della seduta, usando la SRS, ne parlo nel mio video feedback information treatment per valutare la nostra relazione, scoprii che non era andata così tanto bene: in particolare sull’aspetto del metodo mi aveva dato una valutazione abbastanza bassa e dialogando con lei per capire come mai, scoprii che lei voleva era un approccio più confrontativo, con feedback diretti mentre io ero stato molto più indiretto e evocativo. Cosa feci? Beh… aggiustai l’alleanza. E questo sarà il tema del prossimo video.
Flavio Cannistrà
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