Danilo non può togliersi lo sporco dalla testa. Anzi, se lo sente costantemente addosso. Per lui, quasi qualunque cosa è contaminata: il cellulare è un ricettacolo di germi, le estremità dei pantaloni sono state troppo vicino all’asfalto, le maniglie chissà chi le ha toccate… Ma il problema principale non è pensare che queste cose siano sporche: il problema sono gli acrobatici tentativi di evitare di contaminarsi: aprire le maniglie con i gomiti mettendo nel mezzo un fazzoletto di carta, togliere i pantaloni senza sfiorare le estremità, tenere il cellulare costantemente in una busta di plastica. E sono sufficienti queste precauzioni? Ovviamente no. Così, Danilo deve mettere in atto anche tutta una serie di rituali: il cellulare viene pulito e disinfettato più volte al giorno, e inevitabilmente deve lavarsi le mani di continuo, se non farsi un’intera doccia la quale, peraltro, deve seguire delle procedure specifiche. In tutto questo, ovviamente, vengono coinvolte le persone a lui più vicine: insomma, per tutti, Danilo e persone intime, questo problema è un traghetto verso l’ inferno. “Immagina che stanotte avvenga un miracolo” gli dico, “e che il tuo problema scompaia. Da cosa te ne accorgeresti domattina?” “Beh” risponde lui, “prima di tutto non avrei più le mie ossessioni!” E qual è la prima cosa che faresti di diverso, non avendo più le tue ossessioni?” proseguo. “Non metterei più il telefono in una busta, mi toglierei i pantaloni senza pensarci troppo e aprirei le porte come qualunque cristiano!” fa lui. Indago minuziosamente i dettagli di questa “nuova vita”: gli chiedo quali altre cose noterà e farà, e che impatto avrà su di lui. Fino a essere pronto per la Scala: “Su una scala da 0 a 10, dove 10 corrisponde al giorno dopo il miracolo, dove sei ora?” gli chiedo. “A 3” fa lui, e allora gli chiedo cosa gli fa dire di essere a 3 e non a meno. Danilo mi dice che prima stava peggio e questo mi dà lo spunto per concentrarmi su tutto ciò che funziona oggi. Dopo una decina di minuti gli chiedo cosa noterà nei prossimi giorni che potrebbe fargli dire di essere a 4, un gradino più in su. Danilo dice che probabilmente si sfilerebbe i pantaloni senza troppi problemi, e che se proprio si vedesse, non percepisse ma si vedesse sporco, allora si laverebbe. Dice anche che modificherebbe un po’ i suoi rituali di pulizia: ad esempio non farebbe la doccia esattamente nell’ordine in cui la fa di solito. Continuiamo un altro po’ e infine ci salutiamo: Danilo non si sente in grado di mettere in atto dei compiti specifici, così gli chiedo di notare i miglioramenti che avverranno nei prossimi giorni. Due settimane dopo Danilo torna stupefatto: “Sono a 6” mi dice entusiasta. Quando gli chiedo cosa significa inizia a raccontare che alla fine del nostro incontro era rimasto un po’ perplesso, tuttavia nei giorni seguenti aveva iniziato a notare dei piccoli via via sempre più grandi segni di miglioramento. Aveva iniziato a vedere i propri gesti rituali e fobici in modo del tutto diverso: sentiva, per la prima volta, che poteva davvero farne a meno, che erano addirittura irragionevoli. Approfondisco cosa intende, da cosa se n’è accorto e cosa ha fatto di conseguenza, e poi saliamo di un gradino: “Cosa ti farà dire nei prossimi giorni che sei salito ulteriormente che sei arrivato a 7”. La seduta successiva i miglioramenti continuano. In quattro sedute Danilo si libera completamente delle proprie ossessioni e compulsioni, vedendole come un brutto ricordo. Così decidiamo di diminuire la frequenza delle nostre sedute, dandoci più tempo tra una e fino ad arrivare a 9 sulla nostra scala: “Non so se sarò mai a 10” mi dice, “ma so di essere libero, adesso, e mi va bene così.” A quel punto decidiamo di salutarci, sapendo che, se avrà ancora bisogno di me, la mia porta rimarrà sempre aperta per lui.
Flavio Cannistrà
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