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Mario soffre di attacchi di panico da una vita: letteralmente. A sessantacinque anni ha passato gli ultimi trenta preda dei suoi attacchi, vivendo una vita limitata. Ha distinto Milano in due zone: zone sicure e zone di panico. Nelle zone sicure riesce ad andare da solo, seppur con la boccetta di ansiolitico sempre in tasca.  Alle zone di panico nemmeno ci si avvicina.  Indago cosa intende per “attacchi di panico”: tachichardia, sudorazione, tremori, vertigini e un’intensa paura di perdere il controllo e impazzire. Questo problema l’ha portato a evitare quasi tutto e a chiedere supporto al suo compagno o ai suoi amici quando deve uscire per delle commissioni. E’ persino peggiorato da quando è andato in pensione, perché almeno prima era “costretto” a fare una tratta in macchina – sempre quella – per andare a lavoro. Dice che la sua vita è dominata dall’ansia: di base sente di provarla costantemente e in più è sempre lì a verbalizzare, a parlare, continuamente. quasi sempre, e in più ne parla costantemente. “E quando ne parli, ti senti meglio o peggio?” gli chiedo. “Meglio!” risponde lui. “Meglio, ok” rispondo. “E quindi a quel punto l’ansia non c’è più, è sparita?”. “No” fa lui. “Lì per lì sparisce, ma poi torna”. “Sai” dico “questo è piuttosto comune. Perché devi immaginare che parlare delle tue ansie è come gettare un mucchio di foglie secche sopra la fiammella dell’ansia: lì per lì lo soffochi, ma subito dopo quello torna con maggior vigore”. Mario sgrana gli occhi: e io con questa immagine evocativa spero di avergli fatto notare e fatto venire avversione verso un primo comportamento disfunzionale. La seduta procede linearmente, parliamo di altre cose che gli faccio individuare, alla fine della quale gli prescrivo di fare il Diario di Bordo e il Come Peggiorare. La seduta successiva Mario ha compreso qualcosa di nuovo: il Diario di Bordo lo fa distrarre dai suoi sintomi e questo porta a una loro riduzione. “E’ normale. Stai finalmente iniziando a distogliere la tua attenzione che è come benzina, dal fuoco dell’ansia”.  Gli dico che deve fare un passo in più e gli prescrivo la Peggiore Fantasia: trenta minuti al giorno immaginando le situazioni in cui potrà avere l’ansia, cercando di amplificarle ancora di più. “Ma sei sicuro?” mi dice. Sorrido: “Ti spiegherò tutto, ma dopo. Per ora, per favore, affidati.” 

 

La volta successiva torna con un’ulteriore miglioramento: “Hai imparato ad aggiungere legna sul fuoco con l’obiettivo di spegnerlo” gli dico. “E ora dovremo ottenere un consolidamento”. Nelle sedute successive evolviamo la tecnica e gli attacchi diminuiscono, ma c’è ancora l’ansia.  “E’ normale” gli dico. “Sono trent’anni che vivi nell’ansia, dobbiamo riabituarti a vivere senza di essa”. Così, cominciamo a fare una lista delle cose che lui evita e, una dopo l’altra, le affrontiamo. La Peggiore Fantasia al bisogno viene messa in atto di quando ne sente il bisogno e mentre l’ansiolitico viene scalato con il supporto di uno psichiatra.  questo sarà fondamentale per Mario perchè gli darà piena percezione che quando supera qualcosa è perchè è lui che ce la fa e non perchè è l’ansiolitico che l’aiuta  e inoltre non avendolo più in tasca non sentirà di avere una rete di salvataggio, durante le situazioni ansiogene, ma percepirà che è lui che ce la può fare. Paradossalmente la fase finale, dura quanto quella di sblocco: ci vediamo con tempi prolungati, però Mario ha bisogno infatti sia di riacquisire sicurezza, sia a capire chi è e cosa può fare senza l’ansia.  Andrà a visitare nuovi posti, a fare nuove esperienze, partendo dalle più semplici e comuni a quelle mai pensate né immaginate, si era precluso prima di poterci mai pensare. Con sedute sempre più diradate mi racconta dei suoi progressi e dei suoi viaggi, fino a che decidiamo che entrambi che possiamo salutarci. Ho raccontato questa storia perché è la somma di una serie di casi esemplificativi:  non solo dà l’idea di come funzioni la Terapia Strategica per gli attacchi di panico, descritta nei tre video precedenti,  ma anche di quelle situazioni in cui il problema persiste da tanto, al punto che, una volta sbloccato, terapeuta e cliente scoprono insieme, lavorano insieme per aiutare quest’ultimo ad avere una vita … senza ansie.

Flavio Cannistrà

 

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