Qual è l’obiettivo cardine nella terapia con il paziente psicotico? Favorire l’autonomia, direbbe Jay Haley. Senza pretese di esaustività e non considerando una serie di questioni importanti nel trattamento della psicosi, il contributo della Terapia Familiare Strategica di Haley è interessante. L’autore sostiene che l’obiettivo principale sia quello di favorire l’autonomia del soggetto. Ma come? Innanzitutto è un approccio familiare, quindi l’intervento è sistemico: non lavori sul paziente, ma con tutta (o quasi) la famiglia; addirittura il paziente potrebbe anche non essere presente in seduta. Tutto il lavoro ha un’alta carica depatologizzante, al punto da essere un cardine fondamentale della terapia: d’altronde se parli di “psicosi” o “malattia mentale” etichetti il problema come qualcosa che la famiglia non può risolvere. E invece è proprio questo l’obiettivo delle sedute: aiutarla a risolvere il problema in prima persona. Ma come? In particolare ristabilendo le gerarchie familiari. Haley, che studiò lungamente con Minuchin, ipotizza che proprio una labilità gerarchica si riscontra nei casi di psicosi. Ovviamente è un’ipotesi operativa: non traccia “la verità” ma una rotta per il cambiamento. Sarebbe errato dire che “la labilità gerarchica causa la psicosi”: è invece corretto dire che lavorare su di essa può portare alla soluzione della psicosi. Cosa si fa, dunque? Come detto, una serie di manovre per ristabilire l’autonomia del figlio: innanzitutto devi cercare di farlo uscire velocemente da ciò che lo lega allo status di malato, come le ospedalizzazioni e le cure farmacologiche: questo infatti lo mantiene in uno stato di condanna, dove né lui né i familiari possono far qualcosa; Haley, lo risottolineo, vuole invece ridare potere proprio alla famiglia, e al soggetto. Proprio per questo devi aiutarli a ristabilire una sana convivenza in casa. Ma come? Con la chiarificazione di semplici regole, definite e fatte rispettare dai genitori. Haley sottolinea a più riprese che devi puntare a piccoli obiettivi concreti: devi creare veri e propri piani d’azione, fatti di piccoli passi precisi: ad esempio definire chiaramente una data per quando il figlio riprenderà la scuola o la ricerca del lavoro; le regole base che dovrà seguire in casa, ecc. Questa definizione si può fare durante la seduta, con o senza il figlio, ma con l’accordo di entrambi i partner; inoltre bisogna anche parlare di cosa si farà se il figlio non rispetterà le regole, e della capacità dei genitori di farle rispettare. Haley aiutava i familiari ad affrontare il problema quasi come se fosse un capriccio del figlio, un problema di condotta. E l’onestà dell’autore sta nel ribadire più volte che il terapeuta deve considerare tutte queste operazioni come basate su un’ipotesi: l’ipotesi, appunto, è che ci siano problemi gerarchici e che vadano risolti con una spinta all’autonomia. Ma, ti domanderai, funziona? Beh la Terapia Familiare Strategica è una di quelle Terapie Brevi che fin da subito ha prodotto e continua a produrre dati che ne mostrano l’efficacia: Haley li pubblicò con differenti tipologie di problemi, e tutt’oggi escono ricerche sugli avanzamenti di questo approccio. Quindi… sì, funziona. Per questo ne parliamo nella nostra Scuola di Specializzazione e nel Master di Terapie Brevi per l’età evolutiva.Peraltro nell’epoca attuale, dove le famiglie sono in difficoltà di fronte alla messa in discussione di gerarchie e confini, potrebbe essere ancora più interessante.Quindi, che fare? Se vuoi studiarla puoi partecipare ai nostri due workshop di novembre e dicembre sull’argomento e intanto puoi vederti i miei altri video… in autonomia.
Flavio Cannistrà
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