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Come si guarisce dai disturbi psicosomatici?
A me “guarire” non piace come termine,
è un termine molto medico e rischia che questo tipo di problemi vengano affrontati in maniera troppo medica,
cioè che si “curino”, per l’appunto, si “guariscano” con pillole e compresse.
Tuttavia uso il termine “guarire” proprio per questo motivo. Molte persone guardano a questi disturbi come problematiche mediche, quindi, parliamo il loro linguaggio.
Poi in tanti video parlo di come psicologia, psicoterapia, medicina debbano cooperare perché sono diverse facce della stessa medaglia, quindi qui non mi dilungo, così come non mi dilungo, ovviamente, sui disturbi psicosomatici in sé, perché ci dovremmo fare una lezione, “una lezione”, un corso!
Quindi pillole, pillole… ma pillole non mediche.
Quindi, come si risolvono?
Prima di tutto, se sei uno psicologo, sai che c’è una forte correlazione tra disturbi psicosomatici e alessitimia, cioè la difficoltà o incapacità a riconoscere ed esprimere i propri stati emotivi e anche quelli altrui.
Come ci interessa questo nelle Terapie Brevi?
Beh, prova a immaginare questo problema in un’ottica sistemico-strategica e quindi prova a chiederti come funziona.
La persona non è in grado di riconoscere i sentimenti, stati d’animo, emozioni e non è in grado quindi di esprimerli ed elaborarli a dovere e questo, in qualche modo, influenza la problematica psicosomatica.
Dico “in qualche modo”, e mi mantengo volutamente sul vago perché non voglio andare a creare impropri nessi causali da un lato, né ad avallare delle teorie tanto forti, quanto vincolanti dall’altro, quindi, limitiamoci a dire questo: la persona non riesce ad esprimere ed elaborare, in una certa misura, i propri stati emotivi.
E quindi, che cosa facciamo in un ottica strategica? Beh, la aiutiamo a farlo. Ovviamente un buon modo è proprio quello di utilizzare delle tecniche espressive o, se hai seguito i miei video e sulle Nuove Logiche, a perseguire quelle tecniche che rientrano nella logica dell’esprimere ed elaborare.
Ad esempio? Ad esempio la mia benamata scrittura, io adoro far scrivere.
Questo non significa che lo faccio fare sempre, ma solamente quando è veramente di aiuto, però la trovo veramente una tecnica utile che, peraltro, si è dimostrata utile in tante ricerche con questo tipo di problemi.
Posto che devi fare un’indagine accurata, per esempio potrebbe esserci altro su cui lavorare o su cui lavorare diversamente, pensa a un trauma, che magari sta ancora sanguinando, che devi affrontare o in modo diverso o anche sempre tramite la scrittura, ma con una scrittura diversa, come spiego nel mio video su “il Romanzo Criminale”, sullo scrivere i traumi. Posto questo, posto che, appunto, devi fare un’indagine più accurata, quello che farai sarà chiedere alla persona proprio di andare a scrivere i propri sentimenti. A volte puoi farlo in maniera molto mirata, cioè circoscritta ad un particolare evento, ad una particolare attività.
Un esempio è quello di un signore che venne da me per una sindrome della bocca urente che era insorta subito dopo che era morta la moglie. Era un trauma che da un certo punto di vista era bello che risolto, era rimasta soltanto questo tipo di sintomo psicosomatico, la scrittura andò proprio, superò la moglie, gli ultimi giorni di vita, i suoi sentimenti a riguardo, come si sentiva oggi rispetto a questa perdita.
Altre volte sembra non esserci un evento identificabile e allora ti manterrai più sul vago, farai scrivere, esprimere, elaborare i sentimenti della persona in una maniera più generale. Il caso di una ragazza che venne da me per una fastidiosa orticaria e a cui io diedi semplicemente di tenere un diario serale su cui poteva scrivere quello che voleva a patto che fosse un accesso ai propri sentimenti.
Lei finì poi per scrivermi tante cose rispetto al suo passato, al suo nucleo familiare, alla sua infanzia, ma fu una sua scelta, non andammo noi specificatamente a lavorare su quello e, badate bene, psicoanalisti all’ascolto, nonostante parlò dell’infanzia, in seduta noi non trattammo l’argomento. Quello che scriveva rimaneva lì, poi lo dava a me che lo custodivo come il custode segreto dei suoi pensieri.
Ovviamente non si esaurisce tutto qui perché c’è la seduta, la seduta che è un supporto in tal senso.
Sarà incentrata sempre, anche quella, sull’aiutare la persona ad entrare in contatto con le sue emozioni, a connettere l’operativo e il comportamentale con l’astratto e l’emozionale. Manco a dirlo, qui ti aiuta molto utilizzare un linguaggio evocativo, devi portare, cioè, la persona ad esprimere, a sentire per poter comprendere.
è un modo interessante di lavorare che un video solo non può abbracciare completamente, ma che spero ti abbia dato qualche spunto di riflessione.
Se ti è piaciuto, non ti è piaciuto, ti sta facendo pensare o quant’altro, scrivilo nei commenti così da… dare voce ai tuoi sentimenti.

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