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Come ci si libera degli incubi ricorrenti?

Una ricerca di Kellner e soci ha individuato due metodi che si possono usare con i propri pazienti; sono semplici veloci e facili da applicare.
Il primo corrisponde alla desensibilizzazione tramite rilassamento muscolare.
Si basa sul metodo di Wolpe, lo storico metodo di Wolpe dell’inibizione reciproca per il quale non puoi sperimentare ansia o angoscia, perlomeno non ad alti livelli, se sei in uno
stato di rilassamento.

Alla persona vengono insegnate quattro cose:
1.La mattina appena sveglia deve trascrivere i suoi incubi se ne ha avuti.
2.Le si insegna a praticare il rilassamento muscolare, una qualunque tecnica di rilassamento va bene.
3.Le insegni una routine di rilassamento durante il giorno da fare tutte le volte in cui si presenta l’incubo.
4.Dopo aver fatto questa pratica per una settimana, per le successive due deve praticare il rilassamento prima di addormentarsi,
e se gli incubi continuano può continuare a praticare il rilassamento anche nelle settimane successive, da 4 a 8, solitamente
sono sufficienti.

Facile no? scrivi l’incubo, impari a rilassarti, ti rilassi quando si presenta l’incubo, i giorni in cui si presenta l’incubo, e poi ti rilassi
anche prima di andare a dormire.

E il secondo metodo?

È detto “ripetizione dell’incubo modificato” e anche in questo caso insegni al paziente quattro cose:
1.Il paziente deve scegliere un incubo recente e scriverlo.
2.Modifica l’incubo in modo da farlo andare come vorrebbe che andasse. Per esempio: sconfigge il mostro, riesce a scappare da
chi lo insegue o rispondere a chi lo prende in giro.
3.Scrive la versione modificata dell’incubo su un foglio di carta.
4. Si rilassa su una poltrona, o sul letto, facendo scorrere davanti ai suoi occhi l’incubo nella versione modificata.
Questa cosa gliela fai prendere in seduta poi gli dici che dovrà farla a casa, tutte le volte in cui si presenta l’incubo, il giorno
seguente deve fare questa cosa per i tre giorni successivi.
Anche in questo caso, se l’incubo non va via dopo tre giorni, continua semplicemente a farlo.

Una volta al giorno si rilassa sulla poltrona e si immagina l’incubo modificato davanti ai suoi occhi.

Le tecniche sono semplicissime come hai visto e spesso basta una sola seduta e i risultati di efficacia sono interessanti.
Infatti pensa che i follow up, che furono condotti fino a sette mesi dopo mostravano che le persone avevano un significativo miglioramento o proprio una completa remissione degli incubi.

E c’erano anche i miglioramenti significativi nella Symptom Check-List che veniva somministrata insieme ad altri test, dove si
vedono appunto miglioramenti nella scala dell’ansia, dell’ostilità e della depressione.

Peraltro, una ricerca simile fu condotta tre anni dopo da Krakow che ottenne dei risultati simili.
Questo è il modo di fare psicoterapia che io preferisco: semplice e veloce, e peraltro non mancano i casi straordinari.

Per esempio Kellner ne descrive qualcuno nei suoi articoli, uno è quello di una trentaquattrenne che da 30 anni, quindi all’età di 4 anni, soffriva di incubi quattro o più volte al giorno e dopo aver praticato una
sola volta per tre giorni la seconda tecnica della “ripetizione modificata dell’incubo” non li ebbe più, tanto che disse che la sua vita cambiò completamente, e ci credo.

Questo in barba a chi ancora pensa che sia un problema dura da tanto tempo ci vuole tanto tempo per fare psicoterapia e risolverlo,
e visto che incubi e depressione sono correlati sappi che di tecniche simili ci parlerà anche Michael Yapko nell’evento del 2 e 3
ottobre sulla terapia breve per la depressione che lui terrà, che verrà ovviamente completamente tradotto in simultanea e che è
interessante se non unico, perché non ci sarà una ripetizione con tutta probabilità.

Comunque, se poi tu studi terapie brevi, oppure terapie a seduta singola, non è raro imbattersi in casi straordinari,
come quello della trentaquattrenne ce ne sono altri citati, appunto, nell’articolo di Kellner, tanto che effettivamente io prima ho detto
che sono casi straordinari, ma potremmo quasi dire che, nell’ambito delle terapie brevi, sono casi ordinari quasi.
A mio parere è un dovere etico impegnarsi per far sì che l’idea di dover convivere ancora per tanti anni con un problema…
…sia soltanto un brutto sogno.

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