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Qual è la cosa più assurda che potresti chiedere a un depresso?

Dopo aver pubblicato qualche mese fa una serie di video sulla depressione in vista dell’evento che abbiamo organizzato sulla terapia breve della depressione il 2-3 ottobre con Michael Yapko, di cui sono molto contento, mi hanno chiesto di dare qualche altra tecnica, dei colleghi, sulla depressione, cioè per i problemi di depressione, e me ne è venuta in mente una interessante.

Nell’ambito delle terapie brevi si trovano gli spunti su questa tecnica già negli scritti di Milton Erickson o di Jay Haley, e consiste fondamentalmente in questo:

chiedi al tuo paziente di deprimersi tutti i giorni in uno spazio prefissato.

Ora ci sono una serie di cose che devi sapere:
1) Flavio, ma non avevi detto in un altro video che con il paziente depresso va fatto esattamente il contrario?
In effetti c’è un mio video che si chiama “Chiedere al paziente depresso di non fare il depresso”.

In quell’occasione suggerivo di identificare i comportamenti che alla persona depressa, facendoli, la fanno rimanere con l’umore depresso, e chiederle, o comunque trovare, i modi per non farli più, ma c’è un ma.

Il ma è che non è possibile utilizzare una sola tecnica per tutti “i depressi”

L’ho già detto, depressione è un’etichetta varia che include tante possibilità al suo interno, e quindi sì, in molte occasioni può invece essere utile utilizzare questa ingiunzione paradossale.

2) Come va usata effettivamente^

Si può usare in modo più o meno strutturato, e questo devi essere bravo tu a capirlo: quando lasciare un po’ più spazio alla persona o quando invece dirgli esattamente come fare, però qualche linea guida la possiamo dare.

Prima di tutto diciamo la formula base:
la persona deve deprimersi volontariamente in uno spazio di 15-30 minuti, scegli tu, a seconda delle situazioni, volontariamente tutti i giorni, idealmente allo stesso orario.

Ad esempio può dirle che da lì alla prossima volta in cui vi vedrete, tutti i giorni, la mattina appena sveglia, la prima cosa deve fare è prendere la sveglia del telefono, metterela a suonare 30 minuti dopo e in quei 30 minuti si deve assolutamente deprimere il più possibile.

E quali sono le varianti?

Diciamo che in generale sono tutte quelle legate a come la persona vive il problema.

Ad esempio se dovesse dirti che il periodo della giornata peggiore in cui vive il suo umore depresso è la sera, allora magari gliela fai fare la sera.

Ricordo una persona che mi raccontò che in certi periodi di durata variabile viveva questi momenti di sprofondamento in uno stato di buio e vuoto.

Attualmente si trovava in uno di quei periodi, ma il fatto è che, benché frequenti, quelle fasi di calata negli abissi non erano giornaliere.
Così, facendo anche altre valutazioni che ora non sto qui a raccontarti, le dissi che se da qui alla volta successiva in cui ci fossimo visti si fosse trovata di fronte all’abisso, ci si sarebbe dovuta calare volontariamente per 30 minuti.

3) Ma come è possibile che funzioni?

Una chiara spiegazione delle tecniche paradossali l’ha data Fabio Leonardi nel suo libro “La psicoterapia tra miti e realtà” che mi è piaciuto tantissimo, Fabio lo ho anche intervistato, quindi puoi trovare le sue interviste sul mio canale.

Nel momento in cui vedi il sintomo come un elemento del sistema, se tu lo vai a modificare sai che finirai per modificare tutto il sistema.

In altre parole chiedendo alla persona di fare col sintomo qualcosa che normalmente con il sintomo non si fa, la porterai a modificare tutta la realtà in cui il sintomo è inserito.

Puoi immaginare per esempio una rete di un pescatore, come se il sintomo fosse solo un nodo di quella rete, ma nel momento in cui vai a tirare quel nodo, o a bucare la rete tagliando quel nodo, modificherai in qualche modo l’intera rete, l’intero sistema.

Pensaci: quando siamo depressi normalmente o ci lasciamo cullare nella depressione o tendiamo a reagire.

Ma se la reazione non è sufficiente sprofondiamo ancora di più nella depressione.

Tuttavia non è affatto tipico, non è affatto normale, non è affatto qualcosa che si fa il tentare di deprimersi ancora di più volontariamente.

Sforzarsi a essere depressi è qualcosa di totalmente diverso dall’ esserlo spontaneamente, e tale forzatura può portare a cambiare tutto ciò che fa parte del “sistema depressione”.

Un po’ come aggiungere un ulteriore molecola di ossigeno all’acqua la trasforma in perossido di idrogeno che è una sostanza altamente diversa dall’acqua, che non puoi assolutamente bere.

Se te lo stai chiedendo, sì, il perossido di idrogeno è l’acqua ossigenata.

E infine
4) Occhio.

Occhio perché non è che puoi dire a destra e a manca alle persone di deprimersi ancora di più.

La tecnica è fondamentale e funziona alla grande, ma la persona viene sempre prima della tecnica.

Due situazioni in cui usare questa tecnica è altamente sconsigliato?

In buona parte dei rischi suicidari e nelle paranoie.

Non sto qui a spiegarti il perché, anche perché non ti voglio dare l’illusoria idea che è semplice, una cosa della serie “vai tranquillo, no coi rischi suicidari, non con le paranoie, metti casco e vai…”

No.

Le tecniche vanno sapute usare, soprattutto quelle paradossali, e soprattutto al netto di un’ ottima conoscenza del funzionamento delle psicopatologie.

Di questo ci dà anche delle idee pratiche Michael Yapko nel workshop che terrà sulla terapia breve per la depressione il 2 – 3 ottobre, trovi il link nei commenti se ti interessa, quindi studia e sii accorto nel modo in cui utilizzi le tecniche con i tuoi pazienti.

Non farlo darebbe risultati…
… veramente deprimenti

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