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La rabbia è sicuramente un’emozione con cui noi psicologi ci confrontiamo tanto…e ci confronteremo sempre di più!

Nel video “Coronavirus e psicoterapia: cosa può fare lo psicologo” portavo una serie di ricerche di Journal e dell’OMS che ci dicono che la situazione che stiamo vivendo, e che continueremo a vivere per un po’, dà e darà adito a problematiche fortemente connesse all’emozione della rabbia. Quindi, che si fa? Un sacco di cose, in realtà: stiamo parlando di una delle cinque emozioni di base, non è che la possiamo liquidare così con un paio di battute. Do per scontato che sai che la rabbia di per sé non è un problema, semmai conduce a dei problemi in certe situazioni. E anche qui dobbiamo capire se è meglio lavorare sulla rabbia o sul problema che ne viene fuori: potresti decidere di fare un lavoro sulle interazioni, anziché diretto sulle emozioni, oppure potresti addirittura decidere di far scegliere al cliente.

Una Studentessa della nostra scuola di specializzazione ha fatto una domanda intelligente rispetto a questo modo di procedere: ha chiesto “Ma, Flavio, a volte mi sembra che tutto può andare bene, a livello di intervento. È effettivamente così?”. Quello che intendeva è che, di fronte a un problema “X”, spesso sembrano esserci più soluzioni diverse.

E questo un po’ ci spiazza perché in realtà se ci pensi anche per problemi di ordine fisico, chimico o biologico, cioè che hanno a che fare con oggetti materiali e proprietà fisiche, le soluzioni possono essere molteplici: se hai la febbre puoi prendere farmaci diversi, cioè con molecole diverse che hanno azioni diverse per curarla, o puoi addirittura non prenderle affatto.

Questo, ovviamente, non è un messaggio per incentivare a non prendere farmaci o a non vaccinarsi, anzi. Figurati allora quando lavori con i significati, con i costrutti teorici. La rabbia, insomma, non è come dire “il fegato”, capisci che intendo? Quindi sì, con la rabbia, così come i diversi problemi psicologici, puoi fare tante cose diverse.

Poi ovvio che ci sono delle pratiche che, per tante ragioni diverse, diventano più comuni di altre: e, occhio, ho detto “per tante ragioni diverse” perché, ovviamente, noi cerchiamo di attenerci a quelle attinenti alla scienza, a “ragioni scientifiche”, però spesso il successo di una modalità di intervento non dipende tanto dal fatto che sia legata a ragioni che hanno scientificamente dimostrato che è  migliore di altre E questo, guarda, è ancora più evidente in psicoterapia dove ricerche, come quella sui fattori comuni, hanno decretato che i diversi metodi hanno una equivalenza a livello di efficacia, quindi ci dovremmo chiedere perché preferirne uno ad un altro?

Ecco, in realtà però il discorso che ho fatto aveva un senso: nel momento in cui lavori con la rabbia o con qualunque altra problematica una buona cosa da fare è quella di utilizzare il concetto di riduttori di complessità. Il termine, figlio della cibernetica di secondo ordine ma divulgato dal buon Paul Watzlawick, indica quegli strumenti concettuali che ti permettono di semplificare il lavoro.

E che c’entra con la rabbia?

Beh, c’entra perché tu puoi prendere proprio la rabbia come un riduttore di complessità: cioè può immaginare che “lavorare con la rabbia” sia la bussola che ti guida nel tuo percorso con il paziente. Decidi, insomma, di fare un lavoro “sulla rabbia” perché, ipotesi, è quello che aiuterà la persona che hai di fronte.

A questo punto, come lo fai questo lavoro sulla rabbia? Se hai studiato un po’ di ricerche su questa emozione, saprai che uno dei problemi connessi alla rabbia problematica è la ritenzione, il fatto di trattenerla, di non esprimerla. Avevo scritto un capitolo sulla rabbia per un libro di psicoterapia che, ahimè, non è mai uscito e sostanzialmente le ricerche di importanti autori come Averill, che è famosissimo per quanto riguarda la rabbia, e la nostra d’Urso, se vogliamo parlare di qualche italiano, sostanzialmente concordavano su due punti: numero uno, che la rabbia spesso diventa un problema nel momento in cui non viene espressa e viene trattenuta; numero due, che proprio l’espressione della rabbia diviene allora una possibile soluzione.

Se hai letto qualche mio articolo o visto qualche mio video sul tema delle 9 Logiche sottostanti gli interventi in Terapia Breve, allora saprai che questo tipo di interventi rientrano all’interno della logica “dell’esprimere ed elaborare”.

Ma come dovresti fare a far esprimere la rabbia al tuo cliente?

Ci sono tanti modi, alcuni più scenici, però, che utili: benché non sia riuscito a trovare ancora delle ricerche definitive, diversi autori sostengono che le famose “stanze della rabbia” dove vai e spacchi tutto con missili, mazze da baseball e cose, non solo ti danno un temporaneo sollievo al massimo, ma possono anche diminuire la soglia di attivazione delle tue risposte di  rabbia e aggressività.

Un buon modo di sfogare la rabbia, invece, senza produrre vittime è quello di scriverla: è un ottimo modo per tante ragioni, tra cui probabilmente il fatto che scrivere la rabbia non si limita a far sfogare il vissuto, ma gli dà anche voce, e peraltro in un modo ordinato e coerente, tutte cose che facilitano un processo di elaborazione cognitiva ed emotiva.

Quindi quando ritieni che un buon lavoro da fare sia quello sulla rabbia puoi chiedere alla persona di scriverla, di scrivere delle lettere di rabbia. Può scrivere al mondo, a Dio, a una persona specifica, ovviamente senza spedirgliele e soprattutto deve sentirsi libera di poter scrivere senza censure,  senza limiti. Altro punto essenziale è quello di non rileggere le lettere: uno dei motivi per cui è bene a scrivere, anziché parlare e sfogarsi con qualcuno nel momento in cui si è arrabbiati, è che le osservazioni dell’altro potrebbero andare a smuovere le braci e riaccendere la fiamma della rabbia. Per ragioni analoghe è bene evitare di andare a rileggere quanto si è scritto. Invece sulla dose ti puoi regolare tu: io spesso alla persona chiedo di scrivere tutti i giorni, magari la sera prima di andare a dormire, per poi farlo diventare una sorta di esercitazione al bisogno. Ecco qui, un’idea su come aiutare le persone che si confrontano, direttamente o meno, con la rabbia che ovviamente va approfondita: l’idea, non la rabbia.

Quindi, anche se spero che questo video ti sia stato di aiuto, mi raccomando approfondisci gli argomenti di cui ho parlato, non dare a destra e a manca, senza criterio, delle lettere di rabbia perché altrimenti…

…mi fai incazzare.

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