Cosa puoi fare per aumentare la possibilità che una seduta singola di psicoterapia sia tutto ciò che serve?
Nella ristampa di “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” abbiamo aggiunto un paragrafetto che appunto spiega questo, e che presto pubblicheremo anche come articolo su un giornale internazionale. Presso l’Italian Center for Single Session Therapy, infatti, abbiamo individuato cinque possibili strade che puoi percorrere, cinque obiettivi, diciamo, che ti puoi dare, e che aumentano la possibilità che quell’incontro con quella persona sia, effettivamente, l’unico necessario.
L’idea, come al nostro solito, è proprio quella di identificare delle strategie, dei percorsi che semplificano il più possibile il lavoro del terapeuta. In questo caso specifico, il terapeuta può cercare di identificare se orientare il lavoro che va fatto in quella seduta su cinque possibilità che adesso ti vado ad elencare.
Il modo migliore per ricordarle è usare l’acronimo CAAAM, con tre A nel centro. Le lettere, se ci fai caso, si possono unire anche nell’acronimo AMACA, ma per ragioni didattiche CAAAM è l’ordine giusto, come vedrai tra poco.
La “C” sta per “Conoscenze”, da apprendere: sono le situazioni in cui ti rendi conto che quello che serve al cliente per risolvere il suo problema, o comunque per trovare soddisfazione da quell’incontro, e in generale dalla terapia, sono delle conoscenze, aumentare le sue conoscenze, le sue informazioni, o cambiare i suoi significati rispetto a qualcosa.
In questo caso focalizzerai proprio la seduta sul cambiare quelle conoscenze, o aumentare, o dare, fornire quelle conoscenze, o modificare quei significati.
Pensa a sedute in cui tutto quello che serve sono degli interventi di ristrutturazione, di psicoeducazione, di normalizzazione. Se ti rendi conto che la persona potrebbe giovare, effettivamente, dal cambiare certi significati, o ricevere certe informazioni, allora potrai centrare la terapia soprattutto su questo. Questo ovviamente al netto del tener presente degli ovvi presupposti etici, e dell’evitare un’influenzamento sconsiderato. Aggiungo sconsiderato perché spero che siamo ormai arrivati al 2020 tutti d’accordo sul fatto che in qualunque tipo di relazione, non solo quella terapeutica, un’influenzamento c’è sempre. Ovviamente, piccola nota aggiuntiva, che questo trasferimento di conoscenze e significati debba
essere più esplicito o più implicito lo dovrai valutare con la persona che hai di fronte.
La prima “A” sta per “Abilità”, anche qui da apprendere. Sono quelle sedute in cui ti rendi conto che la persona ha sufficienti conoscenze, non ha bisogno di nuove conoscenze da apprendere, oppure in cui ti rendi conto che non si può lavorare a una ristrutturazione dei significati al livello meramente verbale. A questo punto puoi, allora, indicare delle nuove abilità, dei nuovi comportamenti da apprendere, o da mettere in atto al di fuori della seduta. In pratica, una volta definito con la persona l’obiettivo che vuole raggiungere, la seduta si centrerà soprattutto sull’apprendere dei comportamenti, delle azioni, delle prescrizioni, delle strategie da mettere in atto, delle abilità anche, al di fuori della seduta proprio per andare a raggiungere quell’obiettivo. E, appunto, possono rientrare all’interno di questa categoria tutte quelle prescrizioni, quegli homewor, quegli esercizi, quelle strategie che si indica la persona di mettere in atto fuori dalla terapia. Va da se che, come già detto in altri video, è molto importante lavorare sul significato che questo ha per la persona, cioè non basta fare una terapia di 10 minuti in cui si dice “ah ok allora quello che devi fare è questo esercizio”. La persona deve avere un razionale per questo, una ragione, un significato che le fa dire che effettivamente quel comportamento, quell’azione o quella prescrizione sia la cosa che la aiuterà a raggiungere il suo obiettivo.
La seconda “A” sta per “Abitudini”, da modificare. Ci sono infatti delle sedute in cui ti rendi conto che la persona non ha tanto da apprendere delle nuove abilità, quanto da modificare delle vecchie abitudini consolidate. La seduta, allora, può incentrarsi proprio su questo: sul trovare delle modalità per andare a cambiare quei comportamenti che ormai è da tempo che hanno preso il loro sopravvento nella vita della persona, o comunque che sono consolidati da tanto tempo. Potreste, ad esempio, andare a capire come bloccare quel comportamento, che può essere più o meno strutturato, in futuro, quindi come bloccare l’esecuzione futura di quel comportamento, o come prevenire la sua messa in atto.
La terza ed ultima “A” sta per “Ambiente”, su cui valutare se andare ad agire o no. Ci sono sedute in cui ti rendi conto che il problema, o meglio la sua modifica, passa per, in modo
molto stringente, per l’ambiente o, se preferisci, il sistema in cui la persona è inserita, un particolare ambiente, spesso, o un particolare sistema. La famiglia, il luogo di lavoro o in cui studia, ma anche la micro o macro cultura di appartenenza. Se il problema è soprattutto ambientale, allora quello che potete fare nella seduta sarà andare a capire come modificare quell’ambiente, oppure come andare a modificare i propri comportamenti all’interno di quell’ambiente. Va da sé che potreste anche rendervi conto che ciò non è possibile: non si può modificare l’ambiente o non si possono modificare certi comportamenti in quell’ambiente, allora la terapia dovrà centrarsi sul ridefinire l’obiettivo della terapia stessa.
Ed infine l’ultima lettera che è la “M” da “Motivazione”, da andare ad indagare. Sono quelle sedute in cui ti rendi conto che, prima di andare a trasferire delle conoscenze, ad apprendere delle abilità, a modificare delle abitudini o andare ad intervenire sull’ambiente, bisogna lavorare sulla motivazione della persona a fare la terapia. Generalmente ciò è raggiungibile definendo con cura il problema e l’obiettivo della terapia della persona stessa, ovviamente, però, a volte, la scarsa motivazione non sempre è espressa con chiarezza.
Te ne puoi rendere conto se durante la terapia le cose vanno a rilento, se la volontà, oppure la collaborazione, o l’attività della persona non è proprio così e spedita, è scarsa, o magari addirittura c’è un atteggiamento francamente oppositivo. In tutti questi casi, prima di qualunque altro punto, ti conviene proprio fare questo: andare ad indagare con la persona stessa
la motivazione al cambiamento. Ecco qui un argomento che penso che sia abbastanza facile, però sul quale formiamo i nostri studenti della scuola di specializzazione in Psicoterapie Brevi Sistemico Strategiche proprio nell’ottica di poter aiutare i terapeuti…
…a semplificare il lavoro
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