Recentemente sul gruppo Facebook “Terapie Brevi” ho tenuto un webinar intitolato: “Breve storia delle Terapie Brevi”.
È stata più un’introduzione, ma ho mostrato come le Terapie Brevi siano proprio nate per risolvere in tempi brevi casi tutt’altro che semplici: dal disturbo post traumatico da stress alle problematiche più insidiose che si possono trovare negli strati socio economici più svantaggiati.
Ovviamente quest’ultimo non vuole essere un etichettamento ma andare a riportare la triste realtà che, laddove i governi e le società falliscono nel portare il benessere a un livello accettabile, purtroppo si riscontra un maggior numero di problematiche e una maggiore intensità e gravità di problematiche del comportamento, delle emozioni e delle relazioni.
Ora, considerando che magari ci farò un video un po più approfondito, già questo ci fa considerare il fatto che le Terapie Brevi vanno bene anche per problematiche più severe come per esempio i disturbi di personalità. Però spesso si dice che non è così. Perché? Ecco, chiediamoci proprio “perché”, perché è un punto tutt’altro che trascurabile. Innanzitutto per via del costrutto di “personalità”.
Siediti. Sei seduta? Bene.. La personalità non esiste.
Nelle mie letture ho trovato che, in Italia, il Professor Alessandro Salvini è uno di quelli che dà le spiegazioni migliori su questo punto. Un libro interessante, tra i tanti
che ha scritto sull’argomento, è questo: “Psicologia clinica dell’interazione e psicoterapia”. A parole mie, il punto è che ci siamo talmente tanto abituati a parlare di “personalità” che la consideriamo una cosa al pari di un gatto, di una palla da baseball o di un libro. Ma “personalità” non è nient’altro che il nome che diamo a un’osservazione: un giorno qualcuno, tra i primi Ippocrate almeno nell’occidente, osservò una cosa.
La cosa che osservò è che alcuni comportamenti, atteggiamenti e discorsi fatti dalle persone si presentavano con una certa ridondanza, cioè con una certa ripetizione e regolarità e così andò a individuare quattro tipi di personalità: il collerico, il flemmatico, il melanconico e il sanguigno.
Attenzione non ho detto “una cosa” e “alcuni” a caso. Sì, perché se Ippocrate avesse osservato un’altra cosa anziché quella magari la storia della personalità sarebbe
stata completamente diversa, magari il costrutto di “personalità” non sarebbe neanche mai esistito. Questa cosa ti può essere ancora più chiara se pensi che, se lui avesse osservato altri aspetti, magari quei quattro tipi di personalità non ci sarebbero stati e sarebbero stati altri, descritti in altri modi, o magari sarebbero stati di più; e infatti, per fare uno dei tanti esempi, il mio caro Jung ne osservò 16 basandosi su tutt’altro tipo di osservazioni.
Però parlare di “personalità” è comodo perché quei comportamenti, atteggiamenti e discorsi, essendo abbastanza regolari e prevedibili sono comodi, mi danno un sacco di vantaggi. Se ad esempio so che Marco è flemmatico non lo inviterò a priori in discoteca. Però il costrutto di personalità pone anche dei problemi: perché si magari Marco è pigro e poco attivo, però magari la discoteca gli piace tanto, o magari quel giorno ha veramente voglia di andare in discoteca. E qui c’è un primo problema: la classificazione è per forza di cose una perdita di informazioni. In video come “Neuroscienze e psicoterapia e i rischi del riduzionismo” ho già spiegato come lo psicologo attento, ovviamente, tiene in considerazione la persona che ha davanti, non solo quello che è scritto sul manuale. Ma ho anche spiegato come le classificazioni portano molto facilmente a dei bias, tutt’altro che rari.
Ma c’è di più: Se io creo il costrutto di “disturbo di personalità X” con tutte le sue belle caratteristiche, il rischio molto forte è andare a lavorare e andare a guarire, a curare il costrutto di personalità anziché andare ad aiutare la persona. Perché, per fare uno dei tanti esempi, se io dico che il disturbo di personalità borderline è dovuto a una figura materna assente, semplifico ovviamente, è molto facile che io vada a considerare il trattamento come qualcosa che si deve concentrare su questo aspetto, oppure se la mia teoria ritiene che il senso di vuoto sia il nucleo di questo problema è molto facile che io magari mi inventi di fare una terapia, una pet therapy per andare a colmare questo senso di vuoto.
Ora ho detto una pet therapy perché è una delle cose che viene fatta in alcuni approcci, ma naturalmente posso fare qualunque altra cosa. E, attenzione, questo non è assolutamente un errore.
Le teorie sono sistemi esplicativi, spiegazioni, un modo di dire “ecco come secondo me funziona quella cosa”, in modo tale da andare poi a produrre delle soluzioni che si basino su quelle spiegazioni. È il motivo per cui io stesso faccio di tanto in tanto dei video con specifiche soluzioni per specifici problemi. Il problema, ancora una volta, è quando reifichiamo la teoria, cioè la andiamo a considerare alla pari di un libro o di un gatto.
Non vedrai mai, mai un gatto con le ali o con le branchie, mentre una teoria è suscettibile di profondi cambiamenti. Quindi avrai capito che in Terapia Breve il costrutto di “Personalità” e di “Disturbo di Personalità” spesso non viene utilizzato, quantomeno non nel modo canonico del termine, e allora che si fa?
Ecco, ho mentito: pensavo di riuscire a parlare di tutto in un unico video, ma in realtà mi sono lasciato prendere e non riesco a farlo. Dovrai aspettare la prossima
settimana per sentirmi parlare del trattamento dei disturbi di personalità in Terapia Breve.
in pratica mi sono fatto prendere la mano dal discorso e mi sono dilungato troppo…
…sarà mica un aspetto della mia personalità?
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