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Peter e Paula si presentano dal mio collega, amico e mentore Michael Hoyt: hanno un problema diffuso ma invalidante,
litigano di continuo.

Litigano talmente tanto che cominciano a litigare anche quando inizia la seduta.

Michael li interrompe e gli dice: “Siete qui perché volete migliorare le cose, vero?”

I due annuiscono.

“Ecco, questo è il punto: ci deve essere un momento nella vostra vita in cui andavate d’accordo, quindi sapete come si fa. Lasciate che vi chieda una cosa: su una scala da uno a dieci, dove mettete la vostra coppia? Dove uno è “fa schifo, va malissimo” e dieci è “va benissimo, non potrebbe andare meglio.””

Curiosamente entrambi si trovano d’accordo: stanno a due.

“Ok, allora abbiamo un po’ di margine.” dice Michael “Che cosa vi servirebbe, secondo voi, per farvi dire che le cose stanno migliorando e che stiamo andando verso un tre o un quattro? Cosa dovreste fare e cosa dovrebbe fare l’altro di diverso per farvi dire che stanno andando bene le cose?”

Entrambi di nuovo accordo rispondono con un deciso “Non lo so”.

A quel punto Michael introduce una tecnica che, se hai visto altri miei video, riconoscerai di sicuro: “Ok, supponiamo che stanotte avvenga un miracolo e che il vostro problema scompaia completamente. Però è avvenuto durante la notte,
quindi non ne siete consapevoli. Domani mattina cosa vi farebbe dire, quale primo indizio vi farebbe dire che le cose sono migliorate, che è avvenuto il miracolo e che voi ora state bene?”

E per la terza volta i due fanno una cosa in comune: ridono.

Paola parla per prima dicendo che dovrebbero andare d’accordo e non litigare. Peter si trova d’accordo anche lui e dice che dovrebbero parlare di più e che lei non dovrebbe farlo arrabbiare.

Prima che l’opportunità svanisce, Michael chiede velocemente: “Cioè che cos’è che dovreste fare? Paola tu cos’è che dovresti fare per non litigare e Peter, anche tu, come risponderesti a questo nuovo modo di Paola di porsi nei tuoi confronti e cosa dovresti fare tu a tua volta?”

Michael è piuttosto attivo, li interrompe quando è necessario per riportarli sulla strada giusta, cioè il fargli descrivere il giorno dopo il miracolo nei dettagli: che cosa faranno, che cosa vedranno, cosa noteranno, quali saranno i segni di miglioramento e le cose che attivamente faranno per migliorare.

Alla fine della seduta Michael fa un riassunto di quello che è stato detto, delle cose che entrambi faranno e che hanno descritto. E poi gli dà un compito semplice semplice:

“Da qui a quando ci rivedremo dovete fare attenzione a quello che l’altra persona fa per migliorare le cose, qualunque cosa, anche qualcosa di molto piccolo, di molto banale. La prossima volta in cui ci vediamo vi chiederò che cosa avete notato.”

Dalla volta successiva i litigi diminuiscono sensibilmente. Paula e Peter vanno a concentrarsi sempre di più sugli aspetti positivi della loro vita, sia durante la seduta che nella vita quotidiana.

Quando entrambi si danno un nove o un dieci sulla scala, Michael gli fa i complimenti, dice “Ecco finalmente vi siete spostati a lavorare da La storia di Paula o Peter a La storia di Paula e Peter.”

La quinta seduta è l’ultima. Vengono analizzati i progressi fatti e, in particolare, viene affrontato il tema delle sfide future che si potranno trovare di fronte e su come andare a fronteggiarle. In particolare Michael gli chiede: “Cosa farete quando ci saranno le difficoltà future per ricordarvi che dovete lavorare come una squadra?”

E ancora una volta si va a descrivere i dettagli delle cose che avrebbero fatto.

Il caso è un classico esempio di Terapia Breve centrata sulla soluzione con la coppia ed è descritto nel bel libro “Psicoterapie Brevi” di Michael Hoyt, che peraltro a breve dovrebbe essere ristampato con una edizione rivista, anche se spesso è solo disponibile sul Mondadori Store, su Amazon a volte non si trova e Mondadori non mi paga una lira per dirlo.

È un bel caso perché mostra come alle volte la soluzione è veramente alla portata delle persone, è molto semplice, non dobbiamo inventarci qualcosa di troppo complesso. Si chiede loro di descrivere cosa funziona e cosa immaginano che funzionerà andando molto sui dettagli e sulle cose operative.

Questo permette di identificare gli aspetti positivi, di capire cosa fare e di portare l’attenzione delle persone sulla seduta, ma anche al di fuori della seduta, su ciò che funziona e non su ciò che non funziona.

C’è anche un altro aspetto secondario ma importante: le interruzioni che Michael fa.

Sono state fondamentali perché gli hanno permesso di mantenere la rotta, appunto, e anche di comunicare cosa fosse importante fare lì in terapia e cosa fosse veramente importante nella vita di quella coppia.

A volte come terapeuti facciamo fatica a interrompere il paziente, però a volte è davvero fondamentale: se ti faccio litigare per un’ora o se ti faccio parlare di quello che vuoi tu senza condurti sulla strada giusta, ti sto facendo buttare tempo e soldi. D’altronde se vai dal commercialista o dall’avvocato o dal meccanico e inizi a parlargli di quello che ritieni che sia importante, perché ovviamente per te è importante parlargli di quello, e lui ti lascia parlare a ruota libera,
non ti sta veramente aiutando.

Certo interrompere non vuol dire diventare bruschi o non ascoltare ciò che la persona ha da dire, è una competenza, lo psicologo la deve apprendere a patto che non diventi…

…l’ennesimo litigio.

 

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