Durante i miei studi all’università ho letto diversi libri sul che cosa bisogna fare in prima seduta, erano molto interessanti però la mia domanda alla fine era sempre la stessa: ma in seconda seduta, che devo fare?
Il tema della prima seduta è importantissimo e lo dice uno che ha importato la terapia a seduta singola, però anche le seconde sedute esistono. Quindi in sostanza una volta che la persona torna per una seconda seduta, per una terza, una quarta e così via, che cosa devi fare?
Se hai visto il mio ultimo video: “Come accorgersi se la psicoterapia funziona” hai già parte della risposta, devi verificare se la tua ipotesi precedente è corretta. In pratica hai fatto già una prima seduta che si è conclusa con un’ipotesi, volendo semplificare al massimo, che per il problema X hai usato l’intervento Y, che dovrà produrre un miglioramento, quindi la prima cosa che farai sarà un pochino andare a verificare questa ipotesi, però prima una premessa.
Lo so, mi odiate quando faccio le premesse, però per quanto brevi e incompleti questi video, ci sono delle premesse che vanno fatte, le devo dire. La prima promessa è che io nel mio canale parlo di terapie brevi e ogni tanto ci sono dei colleghi che fanno delle critiche che sono molto interessanti ma che non appartengono al vocabolario delle terapie brevi.
Un esempio? In tutti i libri di terapia breve che ho letto non ho mai trovato il costrutto di transfert o controtransfert, o quantomeno non utilizzato in senso psicodinamico, ma è anche ovvio no?
È ovvio perché quello appunto è un costrutto psicoanalitico poi noi facciamo l’errore di reificarlo, di pensare che sia una realtà, una verità, una cosa di natura che è valida per tutti, per chiunque, quindi anche per tutte le psicoterapie e i modelli psicoterapeutici e tutti i lavori che vengono fatti in psicoterapia da tutti i terapeuti con tutti i pazienti…
Ma non è così!
Quindi un collega di altri approcci potrebbe considerare diverso quello che bisogna fare in seconda seduta, ma è perché utilizza un vocabolario, un’epistemologia, delle lenti, se vogliamo, diverse rispetto a quelle che magari vengono usate nelle terapie brevi.
La seconda premessa è che anche in terapia breve quello che farai in seconda seduta dipende dal modello, quello per esempio che fai in terapia strategica è diverso da quello che fai in terapia centrata sulla soluzione, quello che sto cercando di fare qui, se possibile, è dare una sorta di sintesi generale, un modello passepartout che ovviamente il video non pretende di portare a totale completezza. Dunque andiamo al punto: se hai fatto l’ipotesi in prima seduta la prima cosa che dovrai fare nella seconda ovviamente sarà andare a verificarla, e per verificarla, la prima cosa che puoi fare è chiedere come vanno le cose.
Paul Watzlawick spiegava che, parlando di terapia breve ovviamente, in terapia breve i risultati se ci sono si vedono già in poche sedute, quindi già in poche sedute, magari già dalla seconda, anzi spesso già dalla seconda, dovrai vedere dei miglioramenti che ti confermino che ciò che hai fatto in prima effettivamente è stato utile.
Ma il punto non è che “deve” esserci un miglioramento, Se c’è bene, ok, l’ipotesi è verificata come dicevo nell’altro video e continui, ma se non c’è devi capire come cambiare rotta.
Spieghiamo meglio: se la persona torna con un miglioramento è possibile che sia dovuto al fatto che appunto il tuo intervento è riuscito, che quello che avete fatto in prima seduta è stato significativo, quindi in seconda seduta la prima cosa che dovrai fare sarà verificare questa eventualità. La persona potrebbe star meglio esattamente per ciò che avete fatto nella seduta precedente, o per le conseguenze che la seduta ha avuto nella sua vita di tutti i giorni nei giorni in cui non vi siete visti, e quello che devi fare è continuare su questa strada.
Ovviamente però potrebbe star bene per delle ragioni totalmente, come ho detto, diverse da quello che tu ti aspettavi, quindi devi verificare se è così e a quel punto decidere come continuare.
Sì lo so è vago, ma se in 5 minuti potessi essere più preciso di così, le scuole di specializzazione durerebbero non quattro anni ma un weekend.
Quindi appunto se invece la persona non torna con un miglioramento, devi indagare perché.
E qui. c’è una carrellata di possibilità da fare, potrei farci un video per ciascuna, anzi qualche video su queste possibilità l’ho già fatto, quindi puoi andare a vederli, però facciamo così, non vado ad approfondire ogni singola cosa, apro soltanto delle porte, poi lascio a te gli approfondimenti.
Quindi se la persona torna con un non miglioramento che cosa puoi fare?
Ti devi fare una serie di domande:
1) Quello che vi siete detti l’ultima volta, il dialogo, il colloquio, ha avuto un impatto?
2) I compiti che hai dato li ha eseguiti?
3) E se li ha eseguiti, li ha eseguiti bene, aderentemente al compito prescritto?
4) L’alleanza terapeutica tra voi è solida?
5) La motivazione al cambiamento è abbastanza forte?
6) L’ambiente attorno alla persona favorisce o ostacola il cambiamento?
7) L’obiettivo e il problema sono stati ben definiti?
8) Magari la persona ha bisogno di conoscenze o informazioni di cui non dispone?
9) O magari deve apprendere qualche competenza, abilità, o comportamento in particolare?
10) O forse c’è una sua abitudine consolidata, però disfunzionale, su cui dovete andare a lavorare per cambiarla e toglierla di mezzo?
Ne abbiamo fatte 10, i pitagorici dicevano che 10 è il numero perfetto, quindi va bene così, 10!
Come vedi le cose che puoi fare in seconda seduta sono parecchie e credimi ce ne sono diverse altre. Il punto chiave di questo video è comunque che la seconda seduta si direbbe basare sulla precedente, come un gps che ricalcola il tragitto a seconda dei cambiamenti occorsi.
È volutamente un video sintetico, ma spero di averti dato degli elementi per sapere come muoverti…
…la prossima volta!
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