Una donna e suo marito si presentano da Insoo Kim Berg, madre della terapia breve centrata sulla soluzione, per un problema di ninfomania. Un mese e mezzo prima la donna aveva sviluppato un insaziabile desiderio di sesso, ninfomania era la parola usata da lei stessa.
Sentiva di dover fare sesso almeno una volta al giorno, la sera, altrimenti sarebbe rimasta a piangete fino alle 3 del mattino. Il suo desiderio era quello di poter tornare a fare sesso normalmente, per lei tre volte a settimana, senza viverlo come una compulsione.
Voleva insomma riuscire ad andare a dormire senza dover fare sesso necessariamente perché fare sesso in questo modo era per lei farlo per la ragione sbagliata. La donna inoltre sosteneva che il suo problema di ninfomania probabilmente era sedimentato nell’infanzia, e che per questo avrebbe dovuto fare forse un terapia che andasse alle radici infantili del problema.
De Shazer e Kim Berg che hanno scritto di questo caso nell’articolo: “Doing therapy: A post-structural review”
sostengono che a questo punto avevano abbastanza informazioni sul problema, che era composto da cinque punti:
1) Era una compulsione.
2) Comportava una sessualità patologica sedimentata nell’infanzia della donna.
3) Comportava il fare sesso per le ragioni sbagliate.
4) Era un indicatore di un cattivo matrimonio.
5) Fare sesso serviva la donna per poter dormire.
Questa naturalmente era la descrizione del problema da parte della donna, come era stato costruito a livello di significato che la donna dava. Devi sapere a questo punto una cosa importante: gli autori prendono in prestito nella concezione della loro psicoterapia, il concetto del filosofo Ludwig Wittgenstein: “gioco linguistico”.
Secondo Wittgenstein la parola “gioco linguistico” è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare fa parte di un attività. E ci invita a confrontare la molteplicità degli strumenti del linguaggio e dei loro modi di impiego.
Però torniamo al caso, perché succede una cosa interessante: Il marito prende la parola per descrivere le sue difficoltà, il problema del suo punto di vista, perché dice che questo ovviamente gli sta impedendo, a loro due, sia di fare il sesso in modo romantico, come dovrebbe essere, sia perché cito testualmente: “dormire è diventato un problema”.
Insoo Kim Berg, la terapeuta, non si lascia sfuggire questo elemento anche incoraggiata dal fatto che la donna, la moglie, concorda con il marito e chiede anche alla terapeuta se per caso non le possa suggerire qualche idea, qualche tecnica, qualche intervento per poter tornare a dormire. A questo punto Insoo si accoda al loro e dice che probabilmente hanno ragione, che hanno visto il problema dal punto di vista sbagliato, che probabilmente quello non è un disturbo sessuale ma un disturbo del sonno.
Nell’articolo pubblicato nel ’92 nel “Journal of Family and Marital Therapy”, i due autori riprendono di nuovo Wittgenstein per dire che i processi interiori, tutti i nostri processi interiori come le emozioni, i costrutti psicologici, o le psicopatologie, hanno bisogno di criteri esterni. Cioè se per esempio dico “sono arrabbiato” tu puoi chiedermi quali sono i criteri esterni, come per esempio i comportamenti, le cose che faccio, quando sono in quello stato interno di rabbia. Quindi in altre parole abbiamo bisogno di una cornice esterna, pubblica, per dar senso a un vissuto interiore. Che quando ne parli, quando parli di questa esperienza privata, tu con il linguaggio, stai facendo un’attività, stai concorrendo alla costruzione di quell’esperienza, la stai definendo e la stai rendendo in un certo modo proprio parlandone.
E tutto questo come ci è utile in psicoterapia?
Aggiungi un pezzettino: se parlando del mio stato interiore, del mio problema, della mia psicopatologia, sto contribuendo a costruirla, parlandone insieme a te, terapeuta, possiamo co-costruirlo insieme. Ricordati anche una cosa: la psicoterapia porta a una ricostruzione di nuovi significati, che portano poi a cambiamenti anche dei comportamenti.
Quando la donna parla della sua ninfomania, le domande e le affermazioni della terapeuta possono contribuire a co-costruire questa realtà, cioè a co-costruire la realtà che lei abbia un disturbo della sessualità, e indovina che cosa fa a questo punto Insoo Kim Berg. Insoo inizia a
domandarsi di fronte ai coniugi se in realtà quel problema non sia per l’appunto un problema del dormire, un disturbo del sonno, e inizia a fare domande sul sonno e sul dormire ai due coniugi. La cliente accetta questa nuova definizione e inizia a parlare del problema in termini di problema del dormire, del sonno, accetta questa cosa e c’è un primo cambiamento importante perché pensaci, tutti quanti abbiamo avuto dei problemi relativi al dormire a stare sveglio la notte eccetera, l’etichetta è completamente diversa dell’affibbiarsi un’etichetta di disturbo sessuale.
Se sei poco convinto, se pensi che invece esista la realtà definita oggettiva del disturbo sessuale, che è diversa da quella oggettiva del disturbo del sonno, ti stupirà il modo in cui Insoo alla fine affronta totalmente il problema.
Infatti alla fine Insoo tratta il problema come se fosse stato veramente, e qua sul. veramente ci sarebbe da dire tanto, un disturbo del sonno. Le da una tecnica, un’ordalia in particolare, che tipicamente viene utilizzata per i problemi del sonno. Due settimane dopo la donna dice che la
sua insaziabile voglia, desiderio, compulsione di fare sesso probabilmente era nient’altro che un sintomo di un problema del sonno, che peraltro era immediatamente scomparso.
Io adoro questo caso, e in realtà ti confesso che ero indeciso se pubblicarlo, se farne un video, perché nell’articolo in realtà ci sono tante considerazioni sul concetto di gioco linguistico Wittgensteiniano, e anche grandi, lunghe premesse sul modo di fare psicoterapia dal punto di vista post-strutturalista, quindi ho immaginato che molti perdendosi un po di pezzi rispetto al video, e non approfondendo certi concetti, saranno critici o forse gli mancherà qualche elemento di valutazione. Tuttavia oltre che suggerire di rivedersi il video, magari per capirlo meglio e ovviamente andarsi a leggere quanto meno l’articolo dei due autori, penso che il caso in sé dia veramente, riflettendoci, tanti spunti interessanti.
Uno su tutti la possibilità di non rimanere incastrati nelle definizioni, in un gioco linguistico, e invece di usare il linguaggio per dare a noi e al
nostro paziente l’opportunità di…
…ricostruire i significati.
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