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A una persona che non riusciva a progredire nella terapia, bloccata da un’invalidante paura delle malattie (nello specifico aveva paura di un tumore intestinale, al punto che in effetti la tensione addominale era tale da mandarla continuamente al bagno), la quale mi disse di “sentirsi sola”, feci una leggera induzione di trance e le chiesi di descrivermi quando era stata un’occasione in cui si era sentita forte anche se da sola.

Da notare due cose:

1. Ascoltai quello che questa persona mi aveva detto (“Mi sento sola”) e partii da lì, e non da una mia teoria, per costruire l’intervento terapeutico.

2. Costruii quell’intervento facendomi descrivere una situazione che lei aveva identificato come punto di forza, anziché suggestionarla io con qualche messaggio indiretto.

Ricordo bene quell’intervento, perché lei mi aveva detto che si sentiva forte, tempo addietro, quando si prepararva prima di una gara sportiva; così la mia induzione non fu altro che un farle ripercorrere uno di quei momenti, in modo dettagliato.

La paura svanì, rimise apposto le incrinature col suo partner e iniziò un’attività lavorativa a lungo cercata.

Quando usiamo ciò che ci porta il paziente il lavoro è più facile.

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