Perché hai bisogno di creare degli obiettivi in terapia?
Per un’infinità di motivi.
Ne ho già parlato nel video “Come creare obiettivi smart in Terapia Breve”
però volevo dare un’ ulteriore linea guida più precisa.
Questo perché l’obiettivo è una parte fondamentale del lavoro
in psicoterapia, e anche se tu non dovessi fare terapia breve vuoi comunque che la
terapia duri il meno possibile, no?
Ecco quindi un lavoro adeguato sugli obiettivi è fondamentale.
Non mi dilungo sul perché, perché tanto ne ho già parlato nell’altro video,
e passo subito al buon Steve De Shazer
che nel suo “Putting difference to work” dà sette linee guida che ti consiglio di appuntare.
1) L’obiettivo deve essere piccolo
piuttosto che grande.
Attenzione, sto usando “piuttosto che” nell’unica accezione in cui la lingua italiana lo
ritiene corretto, cioè come significato
di “anziché”, ok?
No perché a me questa cosa mi fa
impazzire!
Senti, per cena cosa vuoi?
Mah, non lo so, la carne, piuttosto che l’insalata, è uguale…
Che significa è uguale? Vuoi la carne oppure l’insalata?
Non lo so, la carne piuttosto che l’insalata, è uguale!
Non è uguale! Vuoi la carne anziché l’insalata o la carne oppure l’insalata?
Non ci si capisce più niente…
Anyway, De Shazer consiglia di fare degli obiettivi piccoli “anziché” grandi,
e i motivi sono tanti.
Tanto per dirne uno è più facile raggiungerli, quindi la persona in questo modo
viene più facilmente incoraggiata nelle sue capacità.
Inoltre non è raro che raggiunto un obiettivo piccolo sia più facile
raggiungere poi un secondo piccolo, un terzo piccolo e così via,
oppure addirittura che dando un obiettivo piccolo da raggiungere tra una seduta e l’altra,
alla seduta successiva la
persona torni con un obiettivo più grande.
In ogni caso il succo è questo: stay small.
2) L’obiettivo deve essere importante per il cliente.
Manco a dirlo, se come obiettivo
ti dai quello di migliorare il rapporto con la madre con il padre con la sorella,
oppure di aumentare l’autostima
o di arrivare a capire quando arriva un attacco di panico,
dovresti chiederti se è quello che il cliente ti sta chiedendo.
Ricordo una persona che venne da me
perché il partner l’aveva lasciata e voleva riconquistarla,
facendomi raccontare un po’ la storia mi sembrava
molto improbabile che potesse esserci una porta aperta dall’ altra parte,
però questo lo stavo pensando io, se avessi
perseguito questo obiettivo
se avessi detto “no, non devi riconquistarla, devi fare quest’altra cosa,
devi elaborare la perdita” o che so io,
l’avrei perso.E poi, onestamente,
che ne so io? Magari invece aveva ragione lui!
Così cominciamo con un primo piccolo obiettivo
di rimettersi in sesto, perché
questa stessa persona aveva ammesso di
essere stata lasciata proprio perché si era “lasciata” lei stessa andare.
Alla fine della terapia non solo non si rimise con il partner, ma ritenne che era molto
meglio così, andarsene per conto suo
e farsi una nuova vita.
Il punto però attenzione non è questo, non è il fatto che avessi ragione io
nella mia ipotesi iniziale, il punto è che avevamo perseguito il suo obiettivo,
ed è eravamo arrivati insieme
alla fine della terapia.
3) Fattelo descrivere in termini specifici e comportamentali.
Nel video sugli obiettivi SMART avevo già parlato di questa cosa, quindi non ci ritorno,
semplicemente in sintesi diciamo che l’obiettivo
deve essere realizzato e specificato in dei modi operativi chiari, concreti,
comportamentali, visibili, da poter toccare con mano in un certo senso.
4) Deve essere raggiungibile all’interno di contesti pratici per la vita del cliente.
Già il buon Sigmund Freud in “Introduzione alla psicoanalisi”
che è da qualche parte laggiù,
diceva che la persona dovrebbe essere sempre messa,
il paziente, sempre messo nella condizione di affrontare i propri problemi
nella propria vita quotidiana.
L’obiettivo deve quindi rientrare il più possibile
nelle dinamiche di vita quotidiana della persona.
Poi è vero che Milton Erickson mandava le persone a scalare lo Squaw Peak
e a farsi questa grande non so cosa, però è vero il fatto che lui utilizzava
un linguaggio ed una comunicazione e un tipo di intervento molto simbolico,
e che poi… noi non siamo Milton Erickson.
5)Il cliente deve percepire che c’è del lavoro da fare.
Se è qualcosa di troppo semplice non va bene,
se è un obiettivo che non conta davvero, non va bene,
se è un obiettivo che non vale veramente la pena di essere raggiunto…
non va bene!
Il cliente deve impegnarsi, deve sentire che ci sta mettendo del suo.
Secondo me però questo vale più per certe persone che per altre,
e poi bisogna definire bene che cosa significa per chi hai davanti
“c’è del lavoro da fare”.
Fisch e colleghi, nel libro “Le tattiche del cambiamento”
che invece è lì su, già dicevano che devi adattarti alla persona.
Se una persona è una di quelle che deve “sentire” che c’è del lavoro da fare
allora glielo dovrai far passare come qualcosa di molto difficile,
se invece ti trovi di fronte il flemmatico, per così dire, probabilmente dovrai farglielo passare
come un’inezia, o dovrai costruirlo come un’inezia.
Penultimo punto, non so penultimo come rappresentarlo con le mani…
6) L’obiettivo deve essere rappresentato come l’inizio di qualcosa, e non la fine.
L’idea di De Shazer è che così facendo si inneschi un circolo virtuoso
che invece finirebbe per venire interrotto nel momento in cui l’obiettivo
coincidesse con il “finire qualcosa”.
Infine,
7) Crea un obiettivo in termini di presenza, non di assenza.
Questo fa leva sull’enfasi di De Shazer di basarsi più su comunicazioni di presenza
che di assenza, su dire cosa fare piuttosto che cosa non fare,
sul dire di raggiungere un obiettivo, da cominciare, iniziare, appunto da fare
piuttosto che sullo smettere di fare qualcosa, sul terminare qualcosa.
Per esempio piuttosto che dire al depresso:
“Smetti di stare tutto il giorno sul letto”, gli puoi dire:
“Inizia a pensare la mattina, per cinque minuti, a cosa potresti fare durante il giorno”.
O anziché porsi l’obiettivo di “smettere di mangiare schifezze”,
ti puoi porre l’obiettivo di “mangiare cose più salutari”.
Ecco qui, sette idee per creare degli obiettivi semplici, chiari e di breve durata.
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