Se una cosa non funziona fa qualcosa di differente.
Questo è uno dei principi base delle terapie brevi e in effetti ha il suo senso.
Avevo già parlato del lavoro antropologico della famosa scuola di Palo Alto
che peraltro culminò nella creazione del Brief Therapy Center che ebbe
una grande influenza nelle psicoterapie brevi.
E uno di questi, come ho detto in tanti tanti e tanti tanti video,
non ce la faccio più con tutti i video in cui ho detto questa roba,
un costrutto importante fu la “soluzione
tentata che non funziona”.
Hai un problema, reagisci in un certo modo ma questo modo in cui reagisci
non fa altro che alimentare il problema o crearne uno nuovo.
Posso fare il mimo adesso, e creare… cose con le mani…
Perché ti è utile saperlo? Perché come già dicevo qualche video fa,
nel momento in cui sai che il problema sono i comportamenti che metti in atto,
l’intervento sarà andare a bloccare quei comportamenti.
E a volte il lavoro in
effetti è tutto lì e questo mi ha fatto
un pochino riflettere sul fatto di
andare a individuare, fare un video
dove individuiamo delle tentate soluzioni
disfunzionali ridondanti,
in modo che ti sia più facile identificarle in seduta e
andarle a bloccare.
Poi ovvio, non è tutto “detto/fatto”, Zac, trovo, blocco, ecc..
però può essere utile, può darti una
mano quindi… Proviamo!
Prima tentata soluzione tipica che si trova in diverse problematiche è “l’evitamento”.
È tipica soprattutto per chi ha delle
problematiche cosiddette fobiche perché
il fobico tende a evitare l’oggetto
della fobia,
e più in generale è alla base di molte problematiche
con l’ansia o la paura sottostante.
Ovviamente non è l’unica emozione, anche il dolore può apportare all’evitamento
per evitare per l’appunto
di confrontarsi con la sofferenza o di
stare a contatto con le cose che
provocano quel dolore.
Quindi una cosa che puoi fare quando ti trovi qualcuno davanti
è identificare se quella persona sta mettendo in atto massicciamente
delle condotte di evitamento.
Magari evita determinati luoghi come i ponti o le autostrade,
evita determinate situazioni come
per esempio i party o evita delle performance come gli esami o degli eventi.
E naturalmente può evitare anche oggetti come insetti, animali, siringhe
clown e così via. Il problema insito in questa tentata soluzione
è che più evito più mi confermo che non sono capace, mino la mia autostima,
la mia consapevolezza di poter
cela fare, la mia self confidence,
e do ragione invece all’oggetto fobico, lo
vedo come minaccioso
perché se non lo fosse non avrei bisogno di evitarlo, quindi quello che devi fare è portare
la persona a bloccare l’evitamento. Una seconda tentata soluzione spesso
correlata alla precedente è il “controllo”.
Questa è davvero ampia, perché il controllo lo puoi
esercitare in una infinità di modi.
Pensa al cosiddetto ipocondriaco per fare un esempio,
che controlla costantemente
il suo corpo si monitora, si sente,
si ascolta, vede cosa va e cosa non va, si fa un esame, un check up completo
costantemente tutto il giorno e così via.
O pensa all’amante geloso un’altra forma
di controllo totalmente diversa che
controlla costantemente il suo partner
magari gli chiede “Dove vai? Che fai? Con
chi sei?” o gli prende il cellulare
per vedere gli ultimi messaggi, anche questa è una forma di controllo.
O ancora pensa all’ossessivo. Il controllante per natura, che può esercitare questa forma di
controllo in diversi modi, magari va su
internet a controllare delle informazioni
a cercare di capire meglio qualcosa in maniera per l’appunto ossessiva oppure
magari può andare a controllare
fisicamente qualcosa, magari
se quell’ oggetto è messo esattamente nel punto e nel posto e nel modo in cui l’avevo lasciato.
Ovviamente il problema del
controllo è che più controllo più avrò
bisogno di controllare, ogni volta che controllo sto avallando il controllo successivo.
Ovviamente anche qui il segreto, la cosa da fare,
è insegnare alla persona a mollare un po’ di controllo.
Terza tentata soluzione disfunzionale è quella di chi chiede costantemente aiuto.
Che l’ aiuto poi si può
declinare in tanti modi, per esempio c’è
la persona che chiede di essere costantemente accompagnata a fare le cose
per non farle da sola, l’aiuto si può anche esprimere in una
rassicurazione, quindi l’insicurezza cronica ci può portare a chiedere
costantemente rassicurazioni sul fatto che stiamo facendo la cosa giusta, oppure
se dobbiamo prendere l’esempio di prima
dell’ipocondriaco chiederà costantemente
rassicurazioni al medico ai familiari
sul fatto che sta bene e occhio che lo
stesso terapeuta può diventare un rassicuratore disfunzionale, la persona
può chiedere al terapeuta stesso di dargli delle rassicurazioni che però
diventano delle tentate soluzioni disfunzionali e mantengono in vita il
problema quindi cari psicologi occhio!
E il problema qui è che ogni rassicurazione
ha in sé un messaggio sottile e subdolo: se io ti rassicuro,
se io ti aiuto, ti sto comunicando “tu da
solo non sei in grado”.
Stranamente una quarta soluzione disfunzionale può essere il “parlare”.
Dico stranamente perché questo
è proprio uno di quegli esempi più
espliciti di come una cosa che può
essere molto funzionale in certe
situazioni anche ricercata magari
proprio in psicoterapia, in altre situazioni può essere totalmente disfunzionale
parlare spesso non può essere
utile, alla fine cioé.. la nostra terapia
si basa sulla talking cure
sul far parlare, quindi quale esempio più
magistrale di questo per dimostrarlo
però a volte e per altre problematiche
non è bene parlarne, per esempio le
problematiche di natura ansiosa, più parli più
getti benzina sul fuoco, più parli più stai
fertilizzando la pianta dell’ansia.
Oppure anche chi si lamenta, se lo fa di continuo, rischia di perpetuare la
lamentazione stessa, il problema diventa
“la lamentela” e andando avanti a parlare
c’era pure quell’articolo che diceva che
lamentare fa bruciare i neuroni
o qualcosa di simile, non lo so se brucia i neuroni, però la lamentela porta all’inazione,
mi lamento di continuo e questo diventa
l’alibi per non cambiare le cose.
O ancora pensa ai coniugi che litigano di
continuo, quindi che verbalmente si
assalgono l’uno con l’altra e si
danneggiano, anche lì in quel caso
potrebbe essere molto utile ridurre quel
conflitto verbale e quel parlare
disfunzionale in degli spazi precisi,
perché altrimenti le loro comunicazioni
diventano per il 90% della
giornata insultarsi, offendersi,
o dire le cose che non vanno.
Una soluzione complementare e
ugualmente disfunzionale
a seconda dei casi è poi il “trattenersi”.
Pensa per esempio persone che hanno problemi nella gestione della rabbia,
non dell’ Arabia Saudita, ma della rabbia,
una cosa che fanno spesso queste persone è il fatto di trattenere, trattenere, trattenere
e poi esplodere in modo atomico.
E non di rado anche le manifestazioni
psicosomatiche spesso vengono fuori in
persone che non verbalizzano,
non esprimono, quindi trattengono dentro quello che vorrebbero dire
o determinati contenuti di pensiero.
Sesta e, per questo video, ultima tentata soluzione disfunzionale
è “l’arrendersi”.
Che ci fa venire in mente subito
il problema della depressione.
L’ arrendersi, la rinuncia, la depressione per
eccellenza è il rinunciare, lo smettere di
fare, il depresso è la persona che si
sdraia sul letto e rinuncia… Può rinunciare a tutto, oppure può rinunciare a
parte della sua vita a seconda dei casi.
Puoi rinunciare agli amici, puoi rinunciare al sesso, puoi rinunciare al piacere,
la rinuncia, di base, è una brutta bestia, e quello che dobbiamo fare
è stanare la persona, a volte magari proprio
prenderla e responsabilizzarla, o portarla comunque a fare dei primi piccoli passi.
Quindi passare dalla
rinuncia totale all’ iniziare a costruire qualcosa.
Ecco qua 6 tentate soluzioni che
non risolvono il problema ma anzi lo
peggiorano, ci sono un’infinità di più
però temo che poi diventerebbe questo non un video ma una serie tv tipo grey’s anatomy
con 15 stagioni a venire una dopo l’altra, per 15 anni, Alessio è contento,
però insomma… voi magari un po’ meno!
Magari se ve ne vengono in mente altre le potete
scrivere qui sotto con l’idea di andare
a trovare ciò che la persona sta facendo
e che non funziona per poter andare a
rimediare con un’adeguata…
…soluzione
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