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L’ insistenza produce resistenza.

L’ imposizione produce opposizione.

Una spinta produce una spinta contraria.

Questi sono tre insegnamenti che Michael Hoyt ama ripetere spesso:

L’insistenza produce resistenza,

l’imposizione produce opposizione,

e una spinta produce una spinta contraria.

Mi ricordo che undici o dodici anni fa, quando avevo molti più capelli,

mi stavo frequentando con una ragazza che voleva un rapporto aperto.

Io non lo so, io sono un romantico, quando sento parlare di rapporti aperti

è fantastico soltanto quando me ne parlano i miei amici,

io voglio un rapporto tradizionale, siamo insieme io, te, punto.

Ma quando lo dissi a quella ragazza lei non ne voleva sentire parlare,

stavamo lì lì per rompere, voleva un rapporto aperto, o così o tanti saluti!

Sennonché ebbi un’ intuizione, la chiamai e le dissi “guarda assolutamente si, hai ragione tu,

rapporto aperto, liberi come fringuelli, ci frequentiamo ma ognuno può fare il cavolo che gli pare

con chiunque altro, giusto così!”.

E ricordo ancora quei due secondi e mezzo di silenzio dopo che io avevo detto questa cosa,

dall’altra parte del telefono, prima che lei rispondesse “ehhhh… ok”.

Inutile dire che nessuno dei due ebbe altre relazioni nel breve periodo che ci siamo frequentati

perché poi va beh, c’erano altri problemi, però questa è un’altra storia, un altro video!

Ecco, in quell’occasione, se avessi insistito, se avessi continuato a dire, a cercare di spiegare anche

le ragioni del non volere un rapporto aperto, probabilmente avrei prodotto ancora più resistenza,

e questo è un concetto che io mi porto anche all’interno del mio studio.

Noi parliamo spesso della resistenza al cambiamento, e in effetti è una cosa da tenere in considerazione

perché siamo sistemi aperti, quindi resistiamo per natura alle novità, ai cambiamenti e alle cose diverse.

Dovreste vedere il casino che è stato fatto al mio paese quando hanno introdotto la raccolta differenziata!

Ma il problema è che a volte, anzi non solo a volte,

in studio la resistenza al cambiamento la produciamo noi psicologi

con quello che noi facciamo con i clienti.

Metti una situazione in cui stai cercando di spiegare al cliente che quello che sta facendo,

il comportamento che sta avendo, non farà altro che peggiorare la sua situazione,

però lui continua a controbattere alle tue argomentazioni.

Magari lo fa dicendo che hai torto, o magari lo fa dicendo che hai ragione

e che però lui non può farci niente.

Oppure dice che non è colpa sua, oppure dice “si, assolutamente, hai ragione, farò quello che mi chiedi”

però poi la volta dopo ti torna in seduta e continua a mettere in atto quel comportamento.

Ecco, in quelle situazioni tu magari potresti essere portato ad insistere, potresti dire:

“Ma non lo vedi che stai sbagliando?”

oppure “Si, tu dici che non è colpa tua, ma in realtà dipende da te e non te ne accorgi”

oppure “Si, stai continuando a dire che ci provi, ci provi, ci provi, però in realtà non fai mai niente”.

Ecco, tutte queste situazioni, tutte queste risposte possono essere inutili,

oppure addirittura possono essere controproducenti.

Come te ne accorgi se sono inutili?

Beh semplicemente prendendo a prestito un consiglio dal grande Paul Watzlawick,

se tu stai dicendo qualcosa e una persona ti controbatte per due/tre volte sulla stessa cosa

fermati, perché probabilmente non c’è una questione di contenuto, un problema di contenuto,

non è che la persona non ti capisce,

si sta anzi probabilmente instaurando un problema a livello della relazione.

Detto in altre parole, se dopo due/tre volte la persona continua a dire “non lo so, non sono in grado,

non è così, la penso diversamente” fermati.

Perché probabilmente peggiorerai solo la situazione e creerai soltanto una resistenza.

Che fare allora? Tre suggerimenti possono essere questi qua:

1) Puoi provare ad aggirare la resistenza, cioé chiedere alla persona di fare un qualcosa di diverso

rispetto a quello che gli hai appena chiesto,

ma che in realtà raggiunge comunque lo scopo dove tu volevi arrivare.

2) Puoi provare a prescrivere la resistenza.

Cioé se la persona ti dice “no, non posso farlo, non sono capace, non riesco a cambiare”,

puoi dirle “guarda, si, forse hai ragione, forse non sei in grado, forse in questo momento devi rimanere così”

e se la persona ti risponde “eh ma io non voglio rimanere così,

voglio assolutamente liberarmi del problema”

insisti dicendo “no, ma forse effettivamente è come dici tu,

in questo momento te lo devi tenere, non puoi cambiare.”

3) Il mio modo preferito è quello di considerare la resistenza in un altro modo:

di considerarla una “collaborazione”, cioé di considerare che la persona mi sta dicendo quando “resiste”:

“Flavio io in questo modo non posso collaborare,

devo provare un altro modo di collaborare”, e a quel punto io glielo chiedo,

gli dico: “Ok,ok, se questa cosa non funziona, secondo te, come potremmo risolverla?

Come potremmo affrontarla meglio?”.

Lo stesso discorso vale per l’imposizione, che Hoyt ci ricordava creare opposizione,

Se imponi qualcosa ad una persona molto probabilmente otterrai che lei cercherà di opporsi,

di creare una forza uguale e contraria.

In queste situazioni io piuttosto che cercare di imporre dei significati o delle tecniche sulla persona,

chiedo a lei quali sono i significati che ritiene più appropriati

o gli strumenti che ritiene utili per sbloccare il suo problema.

Insomma insistenza produce resistenza, imposizione produce opposizione,

spinta produce una spinta contraria.

Sono dei concetti molto semplici ma molto utili, su cui potremmo fare giornate e giornate di video,

nella nostra scuola di specializzazione ci concentriamo molto su concetti come questi,

però hanno la loro importanza.

Il mio consiglio è quello di stare sempre sul pezzo, ascoltare con attenzione quello che ti dice la persona,

e fare in modo che non sia tu…

…quello che va a creare la resistenza.

 

 

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