I dibattiti concettuali sul cambiamento di primo e di secondo ordine e sul cambiamento continuo o discontinuo appaiono irrilevanti all’interno del contesto delle conversazioni terapeutiche. Un cambiamento è un cambiamento nel momento in cui è soddisfacente per i clienti e fintanto che i cambiamenti che descrivono indicano loro che si è sviluppata una soluzione.
Steve de Shazer
Ci affascinano così tanto i costrutti che finiamo per farli diventare la realtà.
Prendi il tanto inseguito “cambiamento di secondo ordine”, l’unico ad essere “un vero cambiamento”, un cambiamento “che fa la differenza.”
E così lo insegui, nella tua testa, e ti perdi magari chi hai di fronte, la persona, quello che ti dice.
Io: Cosa farai quando starai meglio?
Cliente: Sorriderò di più.
Terapeuta: Ma questo non è un cambiamento di secondo ordine. Non è una differenza che fa la differenza.04
È una differenza per la mia cliente. È un cambiamento per lei.
Io non lo vedo un cambiamento di secondo ordine. Dov’è? Com’è fatto? È alto? Si può mangiare?
Sono tutti costrutti. Non esiste niente. Sono spiegazioni. Spiegazioni di osservazioni. Utili! Utilissime! Perché tracciano una rotta nel buio. Ma la rotta non ti dice niente sull’ambiente in cui stai navigando. Ti dice solo se può portarti a destinazione, in certi casi e in un certo tempo. Possono sempre esserci casi e tempi diversi. E allora abbandona la mappa, abbandona il costrutto, e usane uno migliore per quella situazione.
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