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Siamo tanti. Non intendo solo gli psicologi (okay, sì, anche quelli), ma intendo proprio le persone: siamo sette miliardi e le stime dicono che fra trenta – quarant’anni probabilmente saremo dieci miliardi.

Dal punto di vista della sanità, questo comporta tanti problemi, come per esempio la difficoltà di accesso alle cure mediche, e anche psicologiche.

Una risposta potrebbe essere quella delle computer-based therapy, cioè tutte quelle terapie, anche psicoterapie, che si basano su dei software, su dei programmi che girano sui computer. Ogni anno escono diversi articoli sull’argomento: se vi fate un giro su Scholar, nel 2017 mi pare che ne siano uscite due o tre decine.

Uno dei vantaggi delle CBT, che non sta per cognitive Behaviour Therapy, ma in questo caso sta per computer-based therapy, è che sono molto facilmente disponibili e molto poco costose: ti scarichi il programma, lo fai partire e via.

Questo ovviamente spaventa molti psicologi: ci sarà da lavorare per noi nel futuro? Non rischiamo un appiattimento dell’intervento psicologico?

Io non sono un esperto, però qualche riflessione e qualche domanda, me le sono fatte. Mi piacerebbe condividerle con voi, e magari, se ne sapete di più o se avete altre riflessioni, le scrivete sotto nei commenti e discutiamo un po’.

Riflessione numero 1: sì, ci sarà ancora spazio per la terapia analogica vis-à-vis o comunque con un essere umano. Spesso le computer-based terapy, e in generale i programmi per computer e le terapie digitali, non so come chiamarle, sono un trampolino di lancio. Le persone già adesso si scaricano tante app e usano dei programmi per il computer per stare meglio, e continuano ad andare dallo psicologo o dallo psicoterapeuta, perché è un modo per entrare più facilmente in contatto con questo tipo di realtà e poi fare il passo successivo. Se ci pensate, questo in realtà oserei dire che avviene già da più di un secolo. Prima, l’analogo delle app o di tutti i sistemi di auto-aiuto digitali potevano essere i self-help book, cioè i libri di auto-aiuto, e non hanno fatto diminuire la richiesta di psicologia, anzi, l’hanno fatta aumentare.

Seconda riflessione: lo so che io parlo sempre di come abbreviare le terapie, però questo canale non si chiama “terapie lunghe”. Il punto è sempre quello: apprendi come diminuire la durata dei tuoi interventi. Le computer-based terapy spesso mostrano che per risolvere determinate problematiche non c’è bisogno di grandi e lunghi processi di intervento, quindi possiamo trarne noi degli insegnamenti per vedere dove andare a intervenire più direttamente, più efficacemente, più efficientemente con le persone.

Terza riflessione: impara come funzionano le computer-based therapy. Non dico che sarà tutto il futuro, ma è parte del futuro. Può non piacerti, può sembrarti una cosa dell’altro mondo, puoi non sentirti confident con questo tipo di tecnologia, però funziona così, stiamo andando in quella direzione e devi sapere un pochino come sta funzionando quel mondo. Poi troverai il tuo modo di integrarla. Specialmente ora, che realtà virtuale e intelligenza artificiale stanno avendo, anzi, hanno già avuto un’accelerata pazzesca, io mi aspetto che nei prossimi cinque anni avremo una diffusione enorme di queste tecnologie anche nel nostro campo.

Sono sicuro che si possono fare molte altre riflessioni sull’argomento, anzi, ti invito a dire la tua qui sotto se sei un esperto del campo. Rimane il fatto che è qualcosa con cui ci dovremo confrontare, è un cambiamento che non possiamo fare a meno di vedere, altrimenti ci sbatteremo contro.

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