RICEVI I MIEI AGGIORNAMENTI PER EMAIL, ISCRIVITI​




Gli ultimi due giorni… eppure mi sembra di essere qui da settimane, in questo mastodontico hotel che racchiude il passato, il presente e il futuro della psicoterapia breve.

Mi sveglio alle 04.20, venti minuti più tardi delle precedenti mattine: sto migliorando. Non ricordo di aver mai sofferto così tanto il jet lag. Per fortuna qui cenano alle 18.00 e vanno a dormire alle 21.00, cosa che mi permette di ripristinare gli equilibri. Ne approfitto, come le altre mattine, per lavorare un po’.

Alle 6.30 suona la sveglia. Michael è già in piedi da mezz’ora: deve andare a casa, per supervisionare il posizionamento delle assi del nuovo pavimento in legno che ha fatto costruire in giardino. Questo significa che fino a pranzo sarò solo.

Lo saluto e me la prendo con comodo, pregustando il waffel ai mirtilli e lamponi che mi ha fatto compagnia nelle colazioni dei giorni precedenti. Giusto per sicurezza, però, do un’occhiata al programma, e mi accorgo di aver fatto un errore: oggi gli interventi iniziano prima. Sono le 07.50 e tra dieci minuti Jeffrey Zeig aprirà le danze con il suo intervento sulla psicoterapia evocativa.

Afferro al volo la sacca con tutto il materiale (continuo a portarmi dietro l’agenda, due penne, un blocco note e una serie di fogli e documenti, benché non mi serva nulla di tutto ciò) e schizzo fuori dalla stanza, verso l’ascensore. A metà strada mi rendo conto di aver lasciato il badge nella stanza, così devo tornare indietro, aprire la porta, entrare e prenderlo. Sono di nuovo fuori, verso gli ascensori, di corsa, quando mi accorgo che, nel prendere il badge, ho posato il programma sul letto, lasciandolo lì.
– Dai, ma davvero?! – impreco.
Torno indietro, apro la porta, entro, prendo il programma, e finalmente salgo in ascensore.

Camillo Loriedo, Michael Yapko e sua moglie sono lì.
– In ritardo? – mi chiede Yapko.
Sorrido e annuisco: – Pensavo si iniziasse alle 8.30, e invece…
– In Italia questo orario è impossibile – sorride Loriedo.
– Già, di solito si dice che si inizia alle 08.00 cosicché si possa iniziare alle 08.30 – ridacchio.
– Diciamo pure che si dice che si inizia alle 08.00 cosicché la gente inizi ad arrivare alle 08.30!
Yapko e la moglie ridono. L’ascensore arriva al piano e io li saluto di fretta per andare all’evento di Zeig.

L’allievo più noto di Milton Erickson tiene una dimostrazione, questa mattina. Una donna latina porta un problema personale: a volte, dice, il mostro che ha dentro esce fuori e prende il sopravvento. Zeig le dà un foglio di carta, chiedendole di maneggiarlo come preferisce per rappresentare il problema, e la donna lo piega più volte e lo tiene sulle gambe, a mo di V rovesciata. Le dà poi un altro foglio, chiedendole di rappresentare la soluzione. Lei lo mette sopra l’altro, ma ovviamente scivola via, difficilmente capace di rimanere in equilibrio sulla punta della V rovesciata.

Zeig continua con una serie di rappresentazioni: le chiede di rappresentare il mostro, seduta sulla sedia; poi di rappresentare la soluzione, e la donna di alza e si mette dietro la sedia, come uno spirito protettore. La fa tornare a sedere, prende il posto dello “spirito”, poi torna a sedere e dà il via a una leggera induzione ipnotica, disseminando alcune suggestioni sulla capacità di integrazione e di equilibrio, due parole che la donna aveva utilizzato in precedenza. Infine la riorienta, e le chiede come si sente: bene, risponde lei, aggiungendo che qualcosa è cambiato. Zeig le chiede infine se vuole cambiare qualcosa nei due fogli di prima. La donna prende il foglio del “mostro” e lo apre; poi prende quello della soluzione, dell’integrazione, e ce lo poggia sopra: i due, adesso, riescono ad essere in perfetto equilibrio l’uno sull’altro.

La sessione finisce e Zeig e la donna si prendono un meritato applauso.

Dopo le domande, al termine dell’ora, mi avvicino.
– Flavio, how is going? Do you enjoy the conference?
– Assolutamente, è tutto perfetto! Il mio evento è andato benissimo, c’erano più di un centinaio di persone, e anche quello di Michael è stato incredibile. – Zeig sorride, evidentemente soddisfatto che la conferenza stia ricevendo feedback positivi. – Questo è per lei, Prof – continuo, dandogli una copia del mio libro sulla Terapia a Seduta Singola. – So che è in italiano, ma…
– Oh, thank you Flavio! Lo metterò nella libreria della Milton Erickson Foundation!
Rimango a bocca aperta mentre mi immagino quel libro giallo spiccare tra gli altri della collazione della MHF. Ringrazio Zeig e gli stringo la mano, prima di dirigermi al workshop successivo.

Sto facendo tardi. Di nuovo. E ancora non mi sono fatto un caffè.
Corro verso l’aula di Bill O’Hanlon, dove… lui non c’è. La gente è lì, ma di O’Hanlon non c’è traccia: strano, di solito qui sono tutti precisi. Decido comunque di sedermi e aspettare, e nel frattempo ne approfitto per controllare qualche mail.
Quando O’Hanlon arriva sono già passati dieci minuti dall’orario di inizio.
– Scusate! Scusatemi tutti! Ero convinto che si iniziasse più tardi, e così…!
Quantomeno non sono il solo.

O’Hanlon è un altro nome della terapia breve che ha avuto l’onore di conoscere Erickson. In realtà ha lavorato per lui come giardiniere, apprendendo la sua arte e l’uso della comunicazione evocativa, che è il tema del suo intervento e che mi permette di concludere la mia full immersion mattutina in questo argomento. La sua formazione è semplice ed efficace: racconta una cospicua serie di aneddoti relativi ad Erickson, per lo più casi da lui trattati, la maggior parte dei quali conosco; alla fine di ciascuno, evidenzia alcuni punti salienti che possano essere utili al terapeuta per carpire le competenze della comunicazione evocativa.

Arriva l’ora di pranzo, e mi siedo al tavolo con Gregoire e due studenti di psicologia. Parliamo di quanto visto quella mattina e dei progetti di Gregoire e del LACT. Poi si riprende.

Il caffè mi fa arrivare in leggero ritardo all’evento di Stephen Gilligan, ma ne avevo bisogno.
Gilligan è un nome noto della PNL, uno di quelli che ha avuto il piacere e l’onore di conoscere Erickson. Il suo intervento è sulla capacità di trasformare gli eventi negativi in risorse, un tema che mi affascina non poco. Lo seguo con attenzione, mentre fa una serie di esempi e spiega un processo preciso che permetta di fare questo. Riesce ad essere molto concreto nel mostrare come lo stesso evento possa essere letto in una chiave negativa o positiva.

E infine, l’ultimo intervento per me: Scott Miller, di nuovo.
Stavolta parlerà dei Feedback Informed Treatments e di come monitorare il processo terapeutico. Continuo a pensare che sia molto interessante ciò che sta proponendo da alcuni anni, benché parimenti continuo a non essere convinto di ogni singolo aspetto. Mi riprometto di rifletterci nei prossimi giorni, riguardandomi gli appunti e, una volta a casa, riprendendo in mano libri e articoli sull’argomento.

Quando finisce c’è ancora un evento che vorrei vedere ma… non ce la faccio. Decido di andare in camera, dove trovo Michael, anche lui esausta per la giornata intensa.

Alle 18.00 usciamo per andare a cena con Michael Munion, Richard Hill e Reid Wilson. Mangiamo il “cioppino”, una sorta di sugo di pesce con patate, cozze, granchi, mais, gamberetti e una quantità spropositata di peperoncino. Un’esperienza. La serata è piacevole ed è bello vedere quattro vecchi amici parlare e ridere e ricordare ricordi di tempi più o meno lontani.

Quando torniamo all’hotel ci dividiamo, con l’idea di rivederci tra una decina di minuti nella hall per andare alla festa di chiusura.
– Io non vengo, Michael – gli dico quando siamo in camera.
– Come on, Flavio! Devi venire!
– Ti giuro, lo farei, ma corpo e mente mi stanno urlando: “Vai a dormire! Vai a dormire!”
– Sei sicuro? – mi sorride Michael. – Dovresti dirti “let’s go” e uscire subito, adesso.
– Credimi, vorrei, ma non ce la faccio proprio.
– Ok, no problem. See you later, buddy.

Diamine, se il vostro intento è fare festa, beh, non contate su di me! In realtà sarei davvero curioso di andare, ma è come se ogni muscolo del mio corpo mi stesse attirando verso il letto. Mi svesto lentamente, la mente mi si annebbia e il cioppino è ancora integralmente indigerito nel mio stomaco.

Mi lascio cadere nel letto, chiudendo gli occhi quasi subito. Li riaprirò domattina alle 08.15, dopo aver dormito dieci ore di fila.

 

RICEVI I MIEI AGGIORNAMENTI PER EMAIL, ISCRIVITI​