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Tempo fa sono andato a parlare con il Dirigente medico di un ambulatorio che si occupa di dipendenze da sostanze. Mi fa vedere un pochino tutto il loro servizio e poi aggiunge: «Qui dentro abbiamo anche gli psicologi, perché così facciamo fare una chiacchierata ai nostri pazienti». Il problema è che era serio. Pensava veramente di farmi felice dicendomi che usava gli psicologi per far fare una chiacchierata ai suoi pazienti.

Nonostante sappiamo che la psicologia scientifica sia nata nel 1879 con il laboratorio del buon Wundt, ancora molti fanno fatica a vederla con una scienza seria e autorevole. E sapete secondo me qual è il problema? Che spesso è colpa nostra.

Non so voi, ma spesso, parlando con molti colleghi, ho ancora l’impressione che la psicologia, e la psicoterapia in particolare, vengano ancora viste come un’arte, e non come una scienza.

Sono d’accordissimo sul fatto che la psicoterapia abbia anche degli aspetti di artigianato, cioè che dipenda molto da come la costruisce il terapeuta con le sue mani, per così dire, però questo non deve portarci a mettere da parte tutti gli aspetti scientifici, perché sono quelli che la distinguono da qualunque altra forma di intervento sulla persona.

Cioè, in altre parole, se mettiamo da parte la scienza, che ci vengono a fare le persone da noi? Tanto vale andare da un mago o a parlare con la parrucchiera.

Non possiamo lamentarci se qualcuno ci dice «Sono anch’io un po’ psicologo», se poi non sappiamo definire nettamente la differenza tra noi e lui. La differenza è che noi ci basiamo su studi scientifici, ci aggiorniamo con i progressi della scienza psicologica, e non ci limitiamo a portare avanti il nostro lavoro per sensazioni di pancia o dicendo che «secondo me è così».

Peraltro, in giro c’è sempre più fame di verità scientifica. Questo è un trend che interessa diversi campi, diversi settori: non vuol dire che le persone ci stanno chiedendo di abbandonare il nostro lato umano o il nostro lato da artigiano, però ci chiederanno sempre di più dati scientifici che provano che quello che noi facciamo, funziona.
A mio parere dobbiamo diventare sempre più capaci di fare i conti con l’aspetto logos della psicologia, vedere quali sono i trend scientifici, vedere quali sono le ricerche più recenti, vedere quali sono tutte quelle cose che ci dicono che ciò che stiamo facendo, funziona, e può essere veramente di aiuto per le persone che vengono da noi.

Magari dico una banalità, magari per molti questo discorso è scontato, però ho l’impressione che per molti non sia così. Forse perché è difficile rimanere sempre aggiornati. Forse perché devi metterti lì a studiare per tutta la vita. Forse perché questo ti sembra che faccia perdere quella emozionalità romantica che ha la psicologia.

Io non penso che sia così. Io penso che si possano avere l’emozionalità e la scienza. Molti grandi autori ci hanno dimostrato di essere in grado di mettere insieme i due aspetti. Carl Rogers e Milton Erickson erano persone che mettevano molto l’artigianato e l’emozionalità all’interno del loro lavoro, pur seguendo un certo rigore scientifico, naturalmente quello figlio delle epoche in cui hanno vissuto. Comunque sia, che ci piaccia o no, le persone verranno sempre di più a chiederci dati, a chiederci verità scientifiche, a chiederci prove e fatti.

E come diceva già diverso tempo fa l’economista Edwards Deming: «Di Dio ci fidiamo, ma tutti gli altri devono presentarci dei dati».

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