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Oggi volevo parlare di nuovo della miracle question, che è una delle tecniche della terapia breve centrata sulla soluzione di Steve de Shazer e colleghi, che peraltro è anche uno dei metodi che insegniamo nella nostra scuola di specializzazione in Psicoterapia Breve Sistemico-Strategica ICNOS.

Per chi non la conoscesse, o per chi non ha visto il video dove già ne parlavo, si tratta di una tecnica che fondamentalmente domanda alla persona di immaginare uno scenario senza il problema.

Immagina che una notte avviene un miracolo, ti svegli e non c’è più il problema. Da cosa te ne accorgeresti? Quali sarebbero i primi indizi? Che cosa inizieresti a fare?

È una tecnica su cui si è detto molto, che è stata utilizzata e riutilizzata in tanti modi. L’idea di Steve de Shazer è partita dalla tecnica della sfera di cristallo di Milton Erickson, in cui faceva immaginare questa sfera di cristallo dove la persona doveva proiettare, immaginare il proprio futuro, e poi si è presa il suo posto all’interno degli interventi “come se”, elaborati tra i primi da Alfred Adler e poi largamente diffusi da Paul Watzlawick.

Pur non ritenendo che le tecniche facciano la maggior parte del lavoro in psicoterapia, sono comunque delle leve strategiche importanti per sbloccare delle situazioni e magari aiutare la persona a tirare fuori delle sue risorse.

La miracle question è una di queste, è molto interessante ed è stata molto studiata e quindi oggi volevo dedicarle un video specifico di approfondimento. Quindi, con uno scopo meramente illustrativo che non vuole assolutamente andare a snocciolare ogni singolo dettaglio della miracle question, vediamo quattro possibili utilizzi della domanda del miracolo di Steve de Shazer.

  1. Nella fase iniziale della terapia, ti può servire per definire bene gli obiettivi. Immagina che chiedi alla persona di immaginare uno scenario senza problema: è a quel punto che la persona ti sta dicendo qual è l’obiettivo che vuole raggiungere, dov’è il punto in cui vuole arrivare, sta tratteggiando i suoi obiettivi. Tu, a ritroso, andrai poi a costruire quelli che sono i passi per arrivare a raggiungerli.

  2. Questo punto si collega direttamente al precedente perché è proprio che cosa puoi fare per raggiungere l’obiettivo. Una volta che hai definito lo scenario senza il problema, puoi iniziare a tratteggiarlo sempre di più andando a chiedere sempre più dettagli: più sono operativi, meglio è. A quel punto puoi iniziare a dire alla persona: «Bene, che cosa devi fare per raggiungere questo obiettivo? Qual è il primo passo da fare per andare verso quella direzione?». Poi diventerà quasi naturale, spontaneo, automatico, cominciare a fare esattamente quel passo.

  3. Identificare le cose da fare e costruire da quelle. Sembra simile a quello di prima però non è proprio la stessa cosa. A volte la persona non riesce a identificare chiaramente i passi da fare, però nel momento in cui tu hai uno scenario di fronte che lei ti ha descritto, puoi partire da quello per costruire tu insieme a lei quelli che sono i passi probabili e più corretti da fare per lei, per raggiungere quello scenario e realizzarlo.

  4. Avviare automaticamente il processo di cambiamento. Non è una cosa semplicissima da fare ma è molto utile soprattutto con quelle persone che non amano seguire compiti, non amano essere direzionate. Questa tecnica viene utilizzata molto al Brief di Londra, dove sono andato a formarmi sulla solution-focused brief therapy. Si tratta in pratica di entrare sempre più nel dettaglio della descrizione dello scenario. Come accennavo prima, si tratta di farsi descrivere operativamente che cosa accadrebbe, come si sentirebbe, e ancora di più cosa farebbe, non nel senso di passi da raggiungere, ma come si comporterebbe in quello scenario descritto. Andando avanti nella descrizione, dedicando diverso tempo durante la seduta alla descrizione approfondita di questo scenario, soprattutto dal punto di vista operativo, diventa poi quasi scontato e automatico per la persona a tornare da volta successiva, senza anche che tu magari le abbia chiesto di fare x o y o le abbia detto: «Beh, potresti cominciare a fare questo o quello», venire con qualcosa di già fatto. Non è semplicissima quest’ultima tecnica, che rientra in quello che chiamano il solution talk, però è veramente molto interessante e potente.

Questi sono solo alcuni dei modi in cui può essere usata la miracle question. Ce ne sono veramente tanti, anzi, se tu ne hai altri, se li utilizzi, se li conosci poi metterli nei commenti qui sotto. Potremmo raggrupparli tutti insieme e magari riuscire a costruire un database con tutti gli utilizzi possibili della miracle question: sarebbe una sorta di miracolo.

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